Erba e gli altri casi: l'ossessione innocentista figlia di un inganno mediatico

Avetrana, Yara, Erba: in tv hanno sempre più successo serie che propongono tesi innocentiste su recenti casi eclatanti di cronaca nera. La criminologa Carlini: "Preoccupa la mancanza di senso critico davanti a narrazioni parziali". L'intervista

di Antonio Murzio
Cronache

Erba e gli altri casi: l'ossessione innocentista figlia di un inganno mediatico

Quarantanove servizi e tre speciali: sono quelli che “Le Iene” hanno dedicato a Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati in via definitiva per la strage di Erba, per sostenere la tesi della loro innocenza e dell'errore giudiziario. Su Netflix la fiction “Yara” ha cercato di smontare le accuse a Massimo Bossetti, il muratore in carcere per l'assassinio della ragazza. A breve, Disney+ proporrà “Avetrana non è Hollywood”, serie in quattro puntate nella quale, secondo alcune anticipazioni, si indica Michele Misseri come colpevole, mentre la giustizia ha ritenuto colpevoli la moglia, Cosima Serrano, e la figlia Sabrina Misseri, che stanno scontando l'ergastolo dopo i tre gradi di giudizio che li hanno ritenuto colpevoli.

In Italia, ormai, c'è l'ossessione innocentista e si assiste a una radicale messa in dubbio di ogni certezza giudiziaria. Abbiamo chiesto a Margherita Carlini, criminologa e psicoterapeuta, di analizzare questa tendenza.

L'innocentismo è diventato il genere preferito dei molti true crime che affollano le piattaforme e la tendenza è sbarcata sui social, dove si moltiplicano i gruppi a sostegno della non colpevolezza di persone condannate nei tre gradi di giudizio. Che spiegazione ne dà?

Faccio una premessa. in questa fase c'è tantissimo interesse per la cronaca nera e questo è spiegabile per due motivi. Un po' perché il fatto di cronaca attiva la parte più ancestrale del nostro cervello che è funzionale alla sopravvivenza a fa concentrare la nostra attenzione su quel fatto. Questo avviene in pochissimi minuti ma catalizza l'attenzione sull'evento di cronaca nera. Attenzione che permane su questi fatti perché attiva comunque un meccanismo di difesa. Se da un lato sono interessato a scoprire tutti i retroscena, i dettagli anche i più squallidi, dall'altro, al di là della curiosità morbosa, c'è un meccanismo che fa sì che se io trovo degli elementi che mi distanziano da quella storia io mi sento al sicuro.

Se pensiamo ai fatti di cronaca più recenti, il ragazzo che ha sterminato la famiglia, le prime interviste ce li restituiscono come persone normali: era un bravo ragazzo, questo ci mette in allerta tutti perchè se un bravo ragazzo stermina la famiglia anche io che ho mio figlio che è un bravo ragazzo corro il rischio di essere sterminata, così come mia figlia corre il rischio di essere uccisa dal suo ragazzo.

Se però da questa lettura preoccupante emergono via via dei fatti o degli elementi che si discostano dalla realtà, questo mi fa sentire più sicuro e quindi a mio avviso c'è questo interesse per la cronaca nera. Poi si attiva quella presunzione di competenza che la maggior parte di noi attiva in vari contesti, può essere la cronaca nera, la politica o il calcio. Diventiamo tutti esperti, ognuno di noi esprime un parere contestando quello che è il parere, il giudizio, la competenza di chi effettivamente è del settore, ha studiato, ha fatto una carriera professionale. Penso che questo sia il meccanismo che spinge a mettere in discussione anche il fatto compiuto arrivato in giudicato

Mettere in dubbio le sentenze definitive non è indice di scarsa fiducia nella magistratura?

C'è un clima di sfiducia rispetto alla magistratura, lo vediamo in maniera diffusa non solo per i casi che portano a condanne, ma anche per i casi che portano ad assoluzioni o a condanne lievi rispetto a quella che è l'aspettativa sociale della condanna. Si attiva un meccanismo che è quasi un gioco di potere: io vengo a conoscenza di elementi altri che mi vengono presentati attraverso delle fiction o delle trasmissioni e da lì produco una mia analisi avendo anche un po' la supponenza di pensare che quella mia visione, quella mia analisi sia più competente di quella di una persona che fa questo di lavoro.

Non voglio dire che i magistrati non sbagliano mai, abbiamo un sistema assolutamente interpretabile, tanto che parliamo di una differenza tra verità storica e verità giudiziaria.

L'ossessione innocentista è figlia del complottismo?

Non so se c'è un complottismo, sicuramente dal punto di vista mediatico funziona. Quanto più materiale nuovo o meno conosciuto produci, tanto più vieni seguito, perché ingaggi il telespettatore che si sente parte in causa in quell'analisi del fatto. A me preoccupa, più del complottismo, il fatto che le persone non si interroghino sul fatto che quella che viene loro proposta sia una realtà parziale, che sia una realtà anche volutamente alterata, volutamente narrata in maniera non completa. Per non dire di più. Le persone si formano un'idea rispetto a una narrazione storica e fattuale che non è del tutto veritiera e mette in discussione la capacità di critica ingannandoci.

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