Eutanasia: "I politici hanno paura, combattiamo noi per i diritti civili"
Intervista a Valeria Imbrogno, fidanzata di DJ Fabo e collaboratrice dell'Ass. Luca Coscioni: "Ogni caso è diverso, ma serve una legge per tutelare chi soffre"
"L'Associazione Luca Coscioni riceve una richiesta d'aiuto all'ora, ma la politica non ha il coraggio di approvare una legge chiara"
Il suicidio assistito di Federico Carboni, precedentemente noto come “Mario”, ha segnato la storia dei diritti civili in Italia. Si tratta infatti del primo caso, dopo che la sentenza sul caso di DJ Fabio ha visto Marco Cappato assolto dall’accusa di aiuto al suicidio. Ne parliamo con Valeria Imbrogno, che di Fabiano era la fidanzata e che ha deciso di impegnarsi per chi sta vivendo le sue stesse sofferenze: "Lavoro con Marco Cappato e l’associazione Luca Coscioni per il servizio numero bianco, nato un anno e mezzo fa e che gestisco insieme a Matteo Mainardi” – spiega ad affaritaliani.it “Lo scopo è informare i cittadini sui loro diritti in tema di eutanasia, aiuto al suicidio, cure palliative, testamento biologico e così via”.
Che sensazioni le ha suscitato il caso di Federico?
“Ogni storia è a se’ e sul piano personale la sua vicenda per me è completamente diversa da quella di Fabiano, ma entrambi hanno fatto un passo verso la vittoria di questa battaglia, che prima o poi dovrà portarci a un risultato compiuto, cioè una legge chiara. Quello di Federico è stato il primo caso dopo la sentenza su Fabiano, ma rimane il vuoto legislativo. Non c’è una legge fatta e finita e quella in discussione sarebbe comunque peggiorativa, rispetto ai diritti determinati dalla sentenza”.
Quali tipo di risposte fornite a chi chiama il vostro numero bianco?
“In attesa di una legge chiara, le cose sono nebulose anche per i cittadini interessati. Non sanno cosa possono fare e cosa no. Non sono chiare nemmeno le quattro condizioni che danno diritto a richiedere il suicidio assistito, sono cose molto complesse da capire”.
Quante chiamate avete ricevuto finora?
“Nel primo anno di attività, ne abbiamo ricevute 7.200. Tutte persone disperate, che non sanno a quale istituzione rivolgersi, perché nemmeno la sanità fornisce risposte adeguate”.
E’ un numero impressionante: quasi una chiamata all’ora…
“Sì, anche se va detto che non tutti chiamano per accedere al suicidio assistito. Le telefonate sono per vari temi: dal testamento biologico a chi invece vuole sapere come procedere per le cure palliative. E’ tutto molto complesso”.
La forte attenzione verso questi temi stride con l’astensionismo in occasione dei referendum. Se si fosse votato anche sull’eutanasia, pensa che si sarebbe stata più partecipazione?
“A mio personale avviso, l’astensionismo c’è stato perché sono stati bocciati i referendum che più interessavano ai cittadini, come dimostrano le tante firme raccolte. E il cittadino è stanco di non essere ascoltato. Perché dovrebbe andare a votare per cose che interessano più alla politica che al cittadino stesso? Finché le cose stanno così, non si vede l’utilità di andare a votare”.
Si può quindi dire che l’associazione Luca Coscioni stia incidendo sui diritti civili più dei partiti politici?
“Assolutamente sì. Senza voler entrare in certi meccanismi partitici, sta muovendo molte più cose di quanto sappiano fare i politici. Forse si tratta di un argomento così scottante che preferiscono non toccarlo, in vista delle elezioni”.
E, col governo nella fase finale del suo mandato, le elezioni sono sempre più vicine: temete che la legge venga rinviata - per l’ennesima volta - alla prossima legislatura?
“E’ molto probabile, perché il lavoro di Marco Cappato e Filomena Gallo consiste proprio nell’andare a smuovere i politici. Ma anche quei partiti che dovrebbero essere favorevoli non stanno muovendo una foglia. Servirebbero delle scelte di coraggio, ma è dura che i partiti politici lo dimostrino!”
Lei è psicologa: in che modo le sue competenze professionali l’aiutano nel gestire il Numero bianco?
“Per scelta, non mi occupo direttamente dei casi che ci vengono presentati, ma faccio formazione ai volontari, preparandoli ad ascoltare le persone sofferenti in maniera empatica e non giudicante, usando le parole in modo tale da aiutarle. C’è tutta una serie di tecniche psicologiche che vengono applicate alla gestione delle chiamate, perché spesso ci si trova di fronte a persone in preda al panico, depresse, sofferenti. Non è facile gestire queste telefonate, senza poi sfociare nel burn-out (il malessere degli operatori, ndr). Se quando è capitato a me avessi avuto un servizio del genere col quale parlare, invece che rimanere in attesa per tanto tempo, forse avrei avuto un po’ di sollievo. Il servizio è nato proprio da queste considerazioni, che ho fatto con Marco”.
Come è ricominciata la sua vita, dopo Fabiano?
“Non è mai finita, perché, come mi ha detto Fabiano, sto vivendo anche per lui. Non mi fermo mai: tutti i giorni vivo il doppio. E devo ringraziare anche la passione per lo sport: probabilmente se non avessi fatto la pugile non sarei riuscita a superare quello che mi è capitato. Non so dove finisca la pugile e dove inizi Valeria”.
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