Femminicidio, Vanessa e non solo. "Perché ci vuole la custodia cautelare"
Violenza di genere, dall'omicidio della 26enne catanese emerge più chiaro il relativo problema dell'applicazione delle norme
Solo negli ultimi giorni l'Italia è stata teatro del femminicidio di Vanessa Zappalà, la 26enne uccisa nel catanese a colpi di pistola dall'ex, che si è tolto la vita impiccandosi, sempre nei dintorni di Catania del caso dello stalker armato di coltello che aspettava l'ex fuori dal posto di lavoro, nell'Avellinese dell'arresto di un 40enne, denunciato dalla convivente, trovato poi in possesso di una penna pistola, completa di 3 proiettili calibro 7,65.
La discussione, quando si verifica una tragedia (spesso "annunciata"), interessa anche il tema della responsabilità. Il femminicidio è la manifestazione più estrema della violenza di genere. Quando una vittima decide di denunciare il suo carnefice e una situazione di violenza è il momento in cui la stessa corre il rischio maggiore. Solo questo spinge molte donne a rinunciare alla giustizia. Quando decidono di chiedere aiuto è fondamentale proteggerle, e in questo è inevitabile chiamare in causa lo Stato. La valutazione del rischio abbraccia le forze dell'ordine così come i magistrati. Appare evidente una volta di più, dopo l'ennesimo e purtroppo non ultimo caso Vanessa, che qualcosa deve cambiare. Si parla di "omicidio di Stato": le donne che denunciano non sono tutelate, e lo stalking non sempre o anzi quasi mai comporta misure cautelari.
I fatti recenti ci dicono che il problema, alla radice culturale, di mentalità, si riversa anche sul modo in cui si dà applicazione alle norme esistenti. Come ribadito dalla ministra per il sud, Carfagna, "il pericolo di reiterazione del reato è, nei nostri codici, uno dei motivi che giustificano l'arresto anche in attesa di giudizio: deve essere usato ovunque una donna segnali un concreto rischio, ovunque ci siano precedenti che fanno temere per la sua incolumità". Relativamente al referendum che potrebbe portare all'abrogazione della relativa norma la ministra al Fatto sottolinea che "è contraddittorio invocare una società più sicura per le donne e poi smantellare i presidi che tutelano la loro sicurezza".
Dal 1° agosto 2020 al 31 luglio 2021 sono state 150 le donne uccise. 62 gli omicidi compiuti da partner o ex partner, 88 quelli avvenuti in ambito familiare/affettivo. Le denunce per stalking sono state 15.989 (Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica).