Gita in Ferrari e Rolex al polso: i post social sono utilizzabili come prova del reddito

Gli ermellini cancellano il principio dell'accertamento del reddito con prove “legali”. A meno che non violino la libertà personale

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Gita in Ferrari e Rolex al polso: i post social sono utilizzabili come prova del reddito: è Cassazione

Un Rolex al polso? Una corsa in Ferrari? Oppure una villa in stile gang di nomadi con rubinetti placcati in oro? Oppure ancora una vacanza in barca a vela. Da oggi lo stile di vita mostrato sui social può essere acquisito come prova “corretta” per avviare un accertamento finanziario sul reddito dichiarato, poiché la Cassazione ha cancellato la differenza tra “prove acquisite legalmente” e prove “non legali”.

Gli effetti della sentenza 8542

La linea di confine nelle attività tributarie è stata cancellata dalla sentenza 8542 pubblicata lo scorso 31 marzo (Presidente Ettore Cirillo, relatore Francesco Cortesi) è stata cancellata dalla V Sezione Civile, perché “nell’ordinamento tributario, non è rinvenibile un principio generale di inutilizzabilità delle prove acquisite in modo illegittimo. Tale principio, infatti, è stato introdotto esclusivamente nel nuovo codice di procedura penale – all’art. 191 c.p.p. – e trova applicazione unicamente nell’ambito del procedimento penale”.

Ogni elemento è una prova per le verifiche fiscali

Dunque, via libera all'acquisizione di prove necessarie ad aprire una verifica, praticamente su ogni elemento della vita di una persona (fatta eccezione per l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio del contribuente) e tra questi anche i post social, utili per la Guardia di Finanza a documentare un tenore di vita “sospetto” rispetto alle dichiarazioni dei redditi.

La controprova è a carico del contribuente

In caso di accertamento fiscale sostenuto da prove ora utilizzabili, sarà a carico del contribuente dimostrare che il giretto del palazzo con la supercar è stato realizzato magari con l'auto in prestito o presa a noleggio per appena 30 minuti.

Sono legali le prove acquisiste con preocedimenti penali: la storia

La sentenza scaturisce dal ricorso presentato da Alessandro Alberani contro l'Agenzia delle Entrate e relativo ad un bonifico fatto su una società di San Marino, che aveva originato una “pretesa erariale” su “disponibilità che gli derivavano da attività finanziarie detenute nella Repubblica di San Marino, con conseguente presunzione di maggiore reddito in misura corrispondente”. Il ricorrente ha sostenuto che l'acquisizione dei documenti era stata nell'ambito di un processo penale e che quindi non poteva essere utilizzata per fini tributari”.

Per la Cassazione per la documentazione tributaria vale ogni prova

La Cassazione ha così respinto il ricorso e ha condannato il ricorrente alle spese di giudizio ma nella sentenza ha cancellato l'inutilizzabilità delle prove acquisite, aprendo di fatto l'applicazione del dispositivo a tutte le attività di documentazione tributaria. Quindi anche quelle ottenute attraverso i social. E questo perché è da considerarsi attività amministrativa.

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