Giustizia, il sindacato dei penitenziari: "In carcere solo i criminali pericolosi. Nordio parla ma deve fare i fatti"

Il ministro Nordio ha annunciato un piano di investimento straordinario, ma nelle carceri crescono i disordini e i suicidi. Parla Donato Capece, segretario generale del sindacato dei penitenziari

di Eleonora Perego

DONATO CAPECE -  Nordio

Cronache

Giustizia, "meno carcere, ecco la soluzione. Il piano di Nordio? Fare i fatti"

Proteste, suicidi, disordini: episodi reiterati di violenza che si susseguono senza fine. È questa ancora, nel 2024, la situazione delle carceri italiane, sempre più sovraffollate e sempre più lasciate a loro stesse. Perché tante parole sono state spese, nel corso delle legislature, ma pochi sono stati i fatti. Su questa scia, d’altronde, è intervenuto il ministro della Giustizia Carlo Nordio ieri: "Per rinnovare il sistema dell'esecuzione penale in modo da coniugare la certezza della pena con l'efficacia dei percorsi di reinserimento sociale dei detenuti e garantire un impatto positivo sulla sicurezza e la coesione sociale, il piano strategico del Ministero prevede un disegno coordinato di interventi".

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Si parla di budget triplicati, di milioni di euro indirizzati a implementare l’organico delle figure centrali al trattamento penitenziario (psicologi, mediatori culturali), e altri milioni spesi per sostenere la presa in carico e il reinserimento sociale dei detenuti che hanno i requisiti per l’accesso alle misure alternative alla detenzione. Ma si parla anche di voler “costruire più carceri”, per far fronte al problema del sovraffollamento, in una direzione praticamente contraria a quella deflazionistica del dl “Svuotacarceri”. E mentre c’è chi plaude per le misure predisposte in questo “piano straordinario”, c’è chi storce il naso mettendosi a braccia conserte, in attesa che dalle parole si passi ai fatti. È il caso di Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomi di Polizia Penitenziaria (SAPPE), che Affaritaliani.it ha interpellato per capire lo stato d’animo degli operatori direttamente interessati.

Segretario, il ministro Nordio ha parlato di una riforma dal punto di vista dell’architettura penitenziaria. Lei cosa ne pensa?

Che per realizzare una simile idea servono molti anni, ingenti risorse e più personale, quindi siamo sempre punto e a capo.

Io invece penso sia necessario un discorso molto più pragmatico: il carcere così come predisposto oggi è un istituto in cui si raccoglie tutto quello che la società esterna non vuole vedere, fa un miscuglio generale per cui si crea una sorta di “università del crimine”. Questo carcere va riformato integralmente, con riforme strutturali: deve essere concepito come extrema ratio, quindi per reati gravi o per chi fa del modus delinquere un modus vivendi. Tutto il resto va lasciato al “carcere invisibile” esterno, dove ci sono i poliziotti penitenziari che vanno a controllare che il soggetto rispetti le prescrizioni del magistrato.

Meno carcere e meno carceri, insomma.

Esattamente. Bisogna rivedere il carcere, e lasciare sul territorio al controllo della polizia penitenziaria tutti coloro che non è necessario stiano in carcere. Basti pensare che ad oggi ci sono 9.700 persone che scontano una pena definitiva sotto all’anno, e 21.720 che scontano una pena definitiva al di sotto dei tre anni.

Il piano del ministro Nordio prevede milioni di euro anche per il potenziamento delle misure fuori dal carcere.

Res, non verba. Fatti, non parole: il ministro Nordio ha preso questi impegni, ma vogliamo vedere i fatti. Fintanto che facciamo affermazioni e numeri, rischiamo che persista il problema che oggi ha superato le 61mila unità (a fronte dei 50mila circa posti letti), e che la risposta sia il sempre crescente numero di suicidi. Il carcere ad oggi è diventato un inferno, per il sovraffollamento ma anche perché non è adatto a contenere soggetti di diverse esigenze.

E le figure dei mediatori culturali, degli educatori? Anche per quelli sono stati stanziati milioni di euro...

Al di là dell’adeguamento di contabili, educatori, mediatori culturali… ci siamo noi, polizia penitenziaria! La sezione detentiva è vissuta spesso solo e per la maggior parte del tempo dall’agente, che prende uno stipendio non adeguato al lavoro che fa!

La chiave di volta è il potenziamento dell’organico della polizia penitenziaria, che deve fare da contenimento e da sbarramento ai detenuti. Oggi abbiamo 4800 poliziotti in meno, che per la sicurezza sono fondamentali. Ma non solo, chiediamo anche più tecnologia come bodycam, teaser…

Forza Italia – Radicali hanno stretto una sorta di alleanza portando avanti il progetto “Estate in carcere”. Lei sa di cosa si tratta?

Sì, ero presente alla conferenza stampa. L’iniziativa prevede cinque direttive di azione: una mobilitazione nelle carceri, con visite di politici per verificare le condizioni delle persone detenute, poi incontri periodici con i sindacati della polizia penitenziaria. Quindi Forza Italia solleciterà il ministro Paolo Zangrillo al rinnovo del contratto collettivo dei poliziotti delle carceri e infine nel Decreto Legge Carceri stimolerà il ricorso a pene sostitutive e misure alternative, per una concezione della pena non "carcerocentrica" ma "umanocentrica".

Questo sulla carta. Noi siamo molto contenti di questa collaborazione politica, ma l’ho detto personalmente a Tajani: non deve essere una passerella annuale, ma una presenza continua nelle carceri, con incontri con il personale del trattamento e anche i detenuti. E dopo questi incontri ci devono essere provvedimenti, report, altrimenti tutto si riduce a una passeggiata estiva che non serve a niente, come è successo gli altri anni.

Cosa si augura nel breve termine?

Io mi auguro che la politica, tutti quelli della maggioranza, accendano i fari sul carcere. Soprattutto servono provvedimenti che vadano a deflazionarlo. Ci vuole coraggio, ma questo Governo ha le idee chiare. Serve solo fare. Tutti, inoltre, devono apprezzare il lavoro della polizia penitenziaria, eroi silenziosi che scontano una pena anche se non hanno commesso nessun reato.

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