Gratteri: "C'è un tariffario per introdurre nelle carceri armi e telefoni"

Il Procuratore di Napoli lancia l'allarme: "Così i boss arrestati non smettono mai di comandare. Stesse modalità in 19 penitenziari"

Di Redazione Cronache
Nicola Gratteri, procuratore di Napoli
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Nicola Gratteri: "I boss continuano a comandare anche dal carcere. Vi svelo il sistema"

Nicola Gratteri lancia l'ennesimo allarme relativo alle carceri italiane. Il procuratore di Napoli svela il sistema che permette ai boss mafiosi di continuare a comandare anche una volta arrestati. "In 19 penitenziari - dice Gratteri e lo riporta Il Fatto Quotidiano - c'è la possibilità di introdurre cellulari e questo permette ai capi delle organizzazioni criminali di continuare a minacciare e impartire ordini all'esterno. Così riescono ad eludere la detenzione". Gratteri entra ancora di più nel dettaglio. "In ogni carcere si annidano una media di 100 telefonini, entrano tramite droni ipertecnologici insieme a droga e armi". Sconfessando l’ormai celebre dichiarazione del ministro di Giustizia Carlo Nordio: "Un mafioso vero non parla né al telefono, né al cellulare perché sa che c’è il trojan, né in aperta campagna perché ci sono i direzionali".

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E le mafie - prosegue Il Fatto - lucrano anche su questo traffico, con tanto di tariffario: 1.000 euro per introdurre uno smartphone, 250 euro una sim, 7.000 euro mezzo chilo di erba e una pistola “10 mila euro”. Alcune recenti inchieste siciliane dimostrano che cellulari e carcere sono un binomio costante. Nello scorso novembre, la polizia penitenziaria agrigentina ha bloccato un drone che trasportava 8 telefonini all'interno della casa circondariale “Pasquale Di Lorenzo”(Agrigento). Era il terzo tentativo, dopo marzo e metà ottobre. Nelle celle del penitenziario di Enna, nascosti tra i muri, sono stati scovati 4 cellulari, mentre nel maggio scorso al “Pietro Cernili" (Trapani), la penitenziaria ha trovato numerosi micro cellulari, adattatori Usb e memory card. Altri 4 smartphone erano nascosti dentro il water delle celle del "Pagliarelli" di Palermo.

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