Psicoanalisi e guerra, perchè a combattere non ci mandiamo i vecchi?

Il pensiero psicanalitico e i fantasmi della guerra: l'analisi

di Giampietro Savuto, in collaborazione con Fuoritestata
Cronache

Fantasmi di guerra/ Il commento di Giampietro Savuto, in collaborazione con FuoriTestata

Il pensiero psicanalitico si è interrogato sulla guerra ed è giunto a inquadrarla nell’ambito delle psicosi paranoiche. All’ansia persecutoria, percepita come indefinita minaccia, viene offerto un corpo, quello di un nemico persecutore. La violenza individuale può così emergere e viene monopolizzata dallo Stato, che la indirizza ai suoi fini. 

Il fantasma della guerra si aggira per il mondo mentre sono in corso due conflitti alle porte dell’Europa che ci spaventano e ci coinvolgono emotivamente. Dopo aver letto e ascoltato analisi, storiche, politiche ed economiche di ogni tipo, pensiamo di poter offrire un nostro contributo affrontando il fenomeno guerra dal punto di vista psicanalitico.

A partire da Freud, attraverso una copiosa bibliografia che comprende anche il nostro Franco Fornari* e, più recentemente, Luigi Zoia** la psicanalisi ha individuato alcuni punti essenziali di riferimento: al di là di formulazioni personali, gli psicanalisti sono concordi nell’ascrivere la guerra all’ambito delle psicosi paranoiche. Paure paranoiche, ovvero irrazionali, sono, in qualche misura, esperienze comuni a tutti noi. Ognuno ha fantasmi che gli incutono angoscia, un’angoscia che deve imparare a gestire e con la quale deve convivere.

L’attesa ansiosa del verificarsi dell’evento paventato può diventare tanto intollerabile che si preferisce inverarlo, anticipando il persecutore con l’identificarsi in lui. Un esempio tra i più comuni: la paura angosciosa dell’abbandono da parte di un essere amato può spingere alla difesa preventiva di mettere in atto l’evento temuto, identificandosi al coniuge, al partner, all’amico, supposti infidi. Fin qui siamo comunque all’interno delle piccole (o grandi) nevrosi quotidiane che ci coinvolgono e ci accomunano. Il salto qualitativo avviene se passiamo al piano delle psicosi.

Nella psicosi paranoica il meccanismo descritto viene portato all’estremo. Disturbi dell’ideazione e delle percezioni determinano infatti la perdita di qualsiasi contatto con la realtà.

Il paranoico vive nel sospetto, si sente spiato, vede la minaccia nell’occhio dell’altro. Incapace di sguardo interiore, procede con ferrea convinzione ad attribuire ogni male a nemici esterni, giustificando con logica apparentemente valida le sue verità.

Alla paranoia viene riconosciuto un alto grado di contagiosità sociale. In particolari momenti storici è capace di uscire dall’ambito della patologia individuale e di infettare la società, come le grandi tragedie del Novecento dimostrano. Personaggi paranoici, quali Hitler, Stalin e Mussolini, sono diventati leader carismatici: sono riusciti a incantare le masse e a trasmettere loro il virus.

Come si prepara una guerra? Individuando un persecutore. All’ansia persecutoria, percepita come indefinita minaccia, viene offerto un corpo, un nemico persecutore, la cui pericolosità, anche quando sia in qualche misura reale, viene esagerata. Gli uomini riscoprono allora la barbarie che si pensava superata attraverso il processo di civilizzazione: la violenza individuale, repressa attraverso il percorso educativo, inibita dal Super Io e dal rispetto o dalla paura della Legge, può impunemente emergere e viene poi monopolizzata dallo Stato, che può addirittura incoraggiarne le tendenze crudeli, e che la indirizza ai propri fini. In seguito, un processo di razionalizzazione la rivestirà di intenzioni nobili e le attribuirà obiettivi degni. Se la civiltà si fonda sul dirottamento delle pulsioni aggressive verso altri scopi, la guerra, secondo questa linea di pensiero, restituisce agli uomini l’orgasmo aggressivo, di cui erano stati singolarmente privati, sotto forma di “orgasmo collettivo distruttivo”.

P.S.: Mi è venuta a trovare una giovane amica israeliana, da anni a Milano per ragioni di studio, reduce da un breve viaggio a Tel Aviv per visitare la famiglia. Mi parlava dei continui allarmi per il lancio di missili e di corse nei rifugi, ma in quella creatura gentile, una farfalla nata per danzare, non vedevo paura, piuttosto un senso di eccitazione come di fronte a una grande, esaltante avventura. Lo stesso senso di avventura che provavo io da ragazzo, leggendo vicende romanzesche di eroi. Ho pensato che sono giovani ingenuamente animati dalle stesse emozioni quelli che vengono mandati a morire in guerra. Ho ricordato la tragedia di intere generazioni sterminate nei conflitti del Novecento: la strage degli innocenti.

Allora sono stato folgorato da una folle idea provocatoria: alla guerra ci vadano i vecchi, ci si mandino gli over 50. Avrebbero una visione più realistica, senza falsi entusiasmi, sarebbero probabilmente meno temerari e impulsivi, più cauti e prudenti, maggiormente rispettosi dei civili. Potrebbero apprezzare l’occasione loro offerta di essere ricordati come eroi e di ricevere medaglie. La loro morte sarebbe certo compianta, ma meno triste di quella di giovani stroncati nel fiore degli anni.

* Franco Fornari, Psicanalisi della guerra, Feltrinelli, Milano, 2023 (I ed. 1966)

** Luigi Zoia, PARANOIA. La follia che fa la storia, Bollati Boringhieri, Torino, 2016 -2023

In collaborazione con FuoriTestata, articolo a cura di Giampietro Savuto, psicologo e psicoterapeuta. Fondatore e responsabile scientifico di Fondazione Lighea Onlus.

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