Aggressioni a medici e infermieri, ecco perchè l'esercito in ospedale per proteggere il personale sanitario non basta
Le violenze contro il personale sanitario sono ormai quotidiane, ma le Forze Armate non posseggono le qualifiche proprie degli agenti di Polizia, come l'obbligo giuridico di intervento
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Aggressioni a medici e infermieri, arrivano le Forze Armate negli ospedali ma il problema è nelle "qualifiche". L'analisi
Gli episodi che nelle ultime settimane hanno visto ripetute aggressioni al personale sanitario all’interno delle strutture hanno fatto emergere un problema serio. Gli ospedali rientrano nel novero dei cosiddetti obiettivi sensibili da vigilare, per intenderci, quelli che sarebbero, a livello quantomeno teorico, oggetto di vigilanza da parte del personale delle Forze di Polizia, in quanto trattasi di strutture strategiche.
Il problema della vigilanza, correlata alla prevenzione dei reati e alla tutela della pubblica incolumità, è nei numeri, perché le Forze di Polizia non hanno – quanto ad organico – le risorse necessarie per far fronte a tutte le esigenze che attengono l’ordine e la sicurezza pubblica dei territori.
I vari Comitati Provinciali per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica -presieduti da Prefetti, alla presenza qualificata necessaria dei Questori, dei Comandanti Provinciali di Carabinieri e Finanza-, si riuniscono anche ogni qual volta si verificano episodi degni di attenzione, o per analizzare fenomeni degni di “attenzione”, in virtù di rischi connessi ed eventuali strategie attuabili.
Spesso questi Comitati sono tardivi, perché prevedono le contromisure -sempre, in realtà, per un tempo limitato, perché le forze a disposizione di quei Comandanti territorialmente competenti, sono quelle- quando ormai il latte è versato.
Proprio venerdì 13 settembre, nel corso di un importante evento, che ha avuto luogo ad Avellino, i Ministri Piantedosi e Schillaci, rispettivamente Interno e Sanità, hanno finalmente parlato di una soluzione concreta, da me già prospettata nel corpo di un articolo pubblicato dal titolo “ADATTARSI È FONDAMENTALE. L’Operazione “Strade Sicure” e il continuo mutamento del Diritto” pubblicato in “Rivista Militare” n.04/2024, ovvero dell’impiego dell’Esercito Italiano a presidio delle strutture strategiche, tra cui gli Ospedali, e della necessaria qualificazione soggettiva di pubblico ufficiale da assegnare ai militari in servizio.
Ora, per non disperdere ed impiegare male queste straordinarie risorse, come -a mio avviso- nel caso di strade sicure, che limita praticamente il servizio svolto dai nostri ragazzi in uniforme al pari dell’intervento che il cittadino comune potrebbe realizzare, ossia chiamare le Forze dell’Ordine, serve qualcos’altro.
Il motivo di quanto appena dichiarato è ravvisabile in un problema di qualifiche, perché - per chi non lo sapesse- le Forze Armate non posseggono le qualifiche soggettive proprie degli agenti di Polizia, ossia le qualifiche di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria, nonché agenti o ufficiali di pubblica sicurezza, che offrono garanzie di protezione e obbligo giuridico di intervento, tradotto: trarre in arresto nei casi di flagranza, procedere a perquisizioni e sequestri contestuali, identificare soggetti.
Se le attività Parlamentari non valuteranno questa svolta normativa epocale -necessaria- siamo a zero, resterà uno spot!
Cosa fare?! Si potrebbe valutare di formare quel personale, o alcune aliquote dedicate -individuate dagli Stati Maggiori delle singole Forze Armate-, e dare -al pari delle Polizie Municipali- qualifiche areali e temporali al personale proiettato per strada, correlate unicamente allo svolgimento del servizio attivo.
È ovvio che non sia più tollerabile che orde barbariche invadano corsie di ospedali e aggrediscano brutalmente il personale sanitario ad ogni piè sospinto, perché non si tratta di episodi sporadici, ma oramai quotidiani (vedi Foggia, Nocera Inferiore, Pescara le ultime vicende), e, per far questo, servono riforme con la collaborazione di coloro i quali conoscono le normative di settore.
Il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, con apprezzata precisione giuridica, nei giorni scorsi, ha ottimamente evidenziato come il Governo abbia reintrodotto la procedibilità d’ufficio per le aggressioni al personale sanitario -cancellata in precedenza dalla riforma Cartabia-, aumentando le pene fino a cinque anni, con punizioni più severe in caso di aggressioni gravi o gravissime, fino a 16 anni di reclusione. Insomma, è necessaria continuità, serietà e severità normativa.
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*Sostituto Procuratore della Repubblica