Leonardo suicida a 15 anni, parla la mamma: "Gli dissi di denunciare i bulli, ma lui sperava che tutto finisse. La scuola non ha fatto nulla"

La madre del 15enne suicida parla delle ultime ore del figlio. Duro attacco alla scuola: "Il preside si è avvicinato ai funerali, gli ho detto di allontanarsi"

di redazione cronache
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Senigallia, la mamma di Leo: "Gli dissi denunciamo i bulli, ma lui sperava che finisse"

La tragedia di Leonardo, il ragazzo di 15 anni che si è tolto la vita a Senigallia, è una ferita aperta e profonda per sua madre, Viktoryia Ramanenka, che in un’intervista al Corriere della Sera ha ripercorso gli ultimi giorni di vita del figlio. Un giovane buono, forse troppo buono, bersaglio di bulli che lo tormentavano a scuola, e che nessuno è riuscito a difendere, nemmeno lui stesso. "Gli dissi: denunciamo i bulli, ma lui sperava che tutto finisse da solo", ha raccontato Viktoryia. Leonardo, invece, ha trovato un’unica via d’uscita in un gesto estremo, sparandosi con la pistola del padre, vigile urbano.

"La sera prima di morire - ricorda Viktoryia - aveva visto una serie tv sui pirati. Sembrava sereno, quasi tranquillo". Ma quel sabato sera era tutt'altro che tranquillo per il 15enne. Il giorno dopo, domenica, Leo si è tolto la vita. Un gesto che ha lasciato senza parole una famiglia già stremata dal dolore per le continue umiliazioni subite da quel ragazzo che aveva chiesto aiuto ai professori senza ottenere alcuna risposta. "L'avevano preso di mira in tre. Gli dicevo almeno difenditi, ma lui non era fatto per questo. Era troppo buono, un bambino d’oro", racconta tra le lacrime la madre.

Il 7 ottobre, pochi giorni prima del tragico gesto, Leo aveva manifestato a casa il suo disagio: "Non voleva più studiare, non voleva più andare a scuola". Era abbattuto, disperato. "Ci disse che aveva parlato con i professori, ma che nessuno faceva nulla: continuavano con la lezione come se nulla fosse". Un’inerzia che Viktoryia non perdona alla scuola, e in particolare al preside, che si è avvicinato ai funerali per porgere le sue condoglianze. "Gli ho detto di allontanarsi da me. A due passi c'era la bara di Leo. Troppo tardi per scuse o parole, la mia rabbia in quel momento era incontrollabile".

Nonostante il dolore, c'era stato un breve momento di speranza, quando Leo, tre giorni prima di togliersi la vita, aveva raccontato di aver risolto tutto. "Mi disse: mamma, ho stretto la mano a uno di loro, ho fatto l'uomo. Sembrava che le cose potessero migliorare". Ma il sollievo è durato poco. Il giorno dopo, Leonardo era di nuovo chiuso in sé stesso, angosciato, incapace di immaginare un futuro in quella scuola. Il venerdì successivo, il silenzio ha preso il sopravvento. La domenica sera si è sparato, mettendo fine al suo calvario.

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"Non passa più il tempo per me", dice Viktoryia, che ora chiede giustizia. "Quei bulli devono andare in riformatorio. Devono pagare per quello che hanno fatto". E poi l'ultimo ricordo di quel tragico weekend: "Sabato tutto sembrava normale. Ma la domenica sera, quando aspettavo la sua telefonata per dirmi buonanotte, non è arrivata". A chiamare è stato il padre di Leo, Francesco, con cui Viktoryia ha mantenuto un buon rapporto, nonostante la separazione. "Mi ha detto che Leo aveva preso la sua pistola e disattivato la telecamera che puntava verso l’armadio dove era nascosta". Ora Leo riposa nella sua bara, accompagnato dalle sue amate cuffiette e dall’orsacchiotto Teddy, simboli di una vita interrotta troppo presto. 

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