Libera Ikram Nazih, studentessa italiana incarcerata in Marocco per blasfemia

Ikram Nazih, ragazza italo-marocchina incarcerata per blasfemia, è stata liberata ma il dibattito su libertà delle donne, di espressione e laicità resta aperto

di Sara Perinetto
L'opera di Gianluca Costantini pubblicata su il Domani diventata uno dei simboli della vicenda
Cronache
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Il nome non è conosciuto come quello di Patrick Zaki, ma allo studente egiziano la accomuna una vicenda tristemente simile. Ikram Nazih è una ragazza italo-marocchina di ventitré anni nata a Vimercate, vicino a Monza, che per circa due mesi è stata incarcerata in Marocco. Il motivo? Un post condiviso su Facebook nel 2019.

Il 20 giugno scorso, Ikram è partita per il Marocco insieme alla famiglia e al suo arrivo è stata fermata, interrogata e incarcerata. A differenza di Patrick Zaki, che è imprigionato in Egitto da oltre 18 mesi, la sentenza per la studentessa italiana è arrivata rapida: tre anni e mezzo di carcere e una multa di 50mila dirham (poco meno di 5mila euro) per aver condiviso, nel 2019, un meme che ironizzava sulla sura 108 del Corano. Insomma, per blasfemia.

Vignetta che era stata subito rimossa, visto che subito la ragazza era stata coperta di ingiurie e minacce da parte di estremisti islamici. Ma un’organizzazione religiosa marocchina aveva già preso nota di tutto, per denunciarla alle autorità marocchine. 

Sui giornali italiani si è parlato sporadicamente della vicenda, che non ha ottenuto l’eco mediatica che avrebbe meritato, soprattutto sui social o in tv. Beatrice Brignone di Possibile ha tenuto i riflettori puntati su Ikram Nazih parlandone quasi ogni giorno sui suoi profili social e invitando a non farne una “battaglia di parte” perché “il silenzio è il peggior nemico di chi è imprigionato ingiustamente”. Il deputato leghista Massimiliano Capitanio aveva depositato un'interrogazione parlamentare per chiedere che il governo italiano intervenisse per la scarcerazione della ragazza. Il Domani aveva avviato una petizione su Change.org (alla quale avevano aderito oltre 52mila persone) indirizzata al ministro degli esteri Luigi Di Maio per chiedere la liberazione della nostra connazionale. Anche Amnesty International si è mobilitata.

Ma la situazione era complessa. L’ambasciatore italiano in Marocco Armando Bucco, riporta Davide Piacenza su Wired, aveva fatto sapere che “il caso è particolarmente delicato”. La doppia nazionalità della giovane donna, italiana e marocchina, sembra infatti un problema perché, come spiega Giuliana Sgrena su Il Manifesto, “la convenzione dell’Aia non prevede una protezione diplomatica di un cittadino con doppia cittadinanza in uno dei due paesi coinvolti”.

La famiglia di Ikram è sempre rimasta in contatto con le autorità marocchine tramite i propri legali sperando che il re del Marocco, Mohammed VI, le concedesse la grazia.

Pur essendo arrivata oggi, 23 agosto, la buona notizia della sua liberazione, resta però il grave problema di fondo: una ragazza è stata incarcerata per blasfemia, per aver espresso il proprio pensiero con una vignetta ironica, offendendo così una religione di stato. In questo caso si tratta di Islam, e la riflessione non può non ampliarsi fino a comprendere quello che sta accadendo proprio in questi giorni in Afghanistan, dove la libertà delle donne è sempre più limitata e precaria, soprattutto da quando i talebani hanno ripreso il potere con l'intenzione di ripristinare la Sharia, che è già fonte di ispirazione per la legislazione di altri stati, tra cui Arabia Saudita (culla di “un nuovo Rinascimento” secondo Matteo Renzi) e Quatar (dove si svolgeranno i prossimi mondiali di calcio).

Potrebbero sembrare questioni e paesi lontani, ma dobbiamo ricordare che l’Italia, dove il cattolicesimo non è più religione di stato solo dal 1984, è un paese laico in modo ambiguo, visto che si continua a insegnare la religione cattolica nelle scuole pubbliche, la presenza del crocefisso è tutelata nelle stesse scuole come in ospedali, tribunali e altri uffici amministrativi e la bestemmia è ancora punita: solo dal 1999, infatti, non è più reato ma continua a essere sanzionabile con una multa. Molto ancora c'è da fare per la libertà delle donne, per la libertà d'espressione, per la laicità, in Italia come in troppe altre parti del mondo.

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