Don Luca Favarin sospeso "a divinis". Non potrà più celebrare la messa

Il caso del prete dei migranti scuote la Chiesa

Cronache

Padova sotto choc


E' stato consegnato a don Luca Favarin, il cosiddetto "prete dei migranti", il decreto di sospensione a divinis, con effetto immediato. Il commento su Facebook di Faravin: "Tutto questo senza che una volta, una sola volta in 20 anni, l’istituzione ecclesiastica sia venuta in comunità". Tale disposizione, si legge in una nota della diocesi di Padova, “è la naturale conseguenza della richiesta – presentata dallo stesso don Luca Favarin, il 13 dicembre 2022 – di essere esonerato dai compiti legati al ministero presbiterale e di avviare il procedimento di dispensa dal ministero ordinato. Tale provvedimento, che risponde al can. 1333 comma 1 del Codice di Diritto Canonico, prevede che don Luca non possa d’ora in avanti celebrare l’Eucaristia e gli altri sacramenti e sacramentali”. A fronte di questa notizia, si legge su www.agensir.it, “che rappresenta motivo di tristezza e dispiacere per il vescovo Claudio Cipolla e per la Chiesa di Padova, è necessario precisare e ribadire alcuni aspetti per evitare fraintendimenti e comunicazioni imprecise”, prosegue la nota della curia.

“Nei confronti di don Luca Favarin non c’è alcun atteggiamento di avversione, ma al contrario rispetto e apprezzamento per il suo impegno sociale e per l’attenzione, dimostrata in tutti questi anni, verso le persone più povere e fragili. La richiesta di dispensa è stata presentata da don Luca Favarin lo scorso 13 dicembre 2022. La sospensione a divinis è atto necessario e conseguente alla richiesta di dispensa dal ministero ordinato. La modalità operativa di agire in campo sociale di don Luca Favarin e la sua decisione di esonero dal ministero ordinato sono due questioni nettamente distinte e come tali vanno considerate”.

Per quanto riguarda l’agire in campo sociale, le iniziative del sacerdote, si legge ancora nella nota della diocesi, “per quanto pregevoli, sono personali e non pensate, condivise né maturate insieme alla Chiesa di Padova” che sul fronte dell’accoglienza dei migranti ha scelto di non porsi come “gestore” diretto delle accoglienze, ma di affidarsi a “cooperative sociali qualificate, esperte su questo settore, concordi nel collaborare con i volontari e nell’inserimento degli ospiti anche in attività di pubblica utilità” e con lo stile delle “microaccoglienze diffuse”.

La scelta di Luca Favarin, prosegue la curia, “si è, invece, indirizzata diversamente, in forma autonoma e personale, sfociando in attività imprenditoriali su cui più volte la diocesi ha chiesto informazioni, condivisione e trasparenza, proprio per poter valutare l’autorizzazione richiesta a un prete per procedere con tali attività (cfr. CDC can. 286). Una richiesta legittimata dal fatto che le azioni e le attività di un prete naturalmente coinvolgono l’intera diocesi: quando un prete, parla, agisce, attua percorsi e progetti chiunque immagina che lo faccia a nome e per conto della Chiesa. Don Luca non ha accolto l’invito a far proprio lo stile diocesano, ritenendo opportuno continuare per la propria strada”.

La sua decisione di lasciare dopo 24 anni il ministero sacerdotale “si pone su un altro piano, da accogliere e rispettare in quanto ulteriore scelta personale che riguarda la verifica del suo essere prete, l’orientamento della sua vita e le motivazioni presentate ai superiori. Inevitabilmente, il ministero comporta una responsabilità condivisa a pieno titolo con tutti gli altri presbiteri, oltre che con il vescovo”, spiega ancora la diocesi, smentendo “ricostruzioni” che “non rendono onore alla verità” come quella che la diocesi di Padova “non abbia mai visitato le realtà afferenti a don Luca Favarin”. Dalla Chiesa padovana e dal vescovo Cipolla “profonda sofferenza per la vicenda” e al tempo stesso “vicinanza umana a don Luca”.

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