Morte Papa Francesco: “Colpa di J.D Vance”. Su X si scatena la disinformazione, una notizia più fake dell'altra
Cyabra analizza gli oltre 2 mila “untori digitali” che hanno addossato la responsabilità della morte al vicepresidente Usa. La tecnica usata
Morte Papa Francesco: “Colpa di J.D Vance”. Su X si scatenano disinformazione e profili fake
Morte Papa Francesco, la disinformazione sul social X si scatena e osa sino a dare la responsabilità della fine del Papato al vicepresidente Usa J.D, Vance che lo ha incontrato il giorno precedente al decesso. E a dar corpo e a far circolare questa voce sono stati soprattutto profili fake che hanno fatto circolare la balla spaziale, sino a renderla quasi credibile.
L'analisi del sentiment della fake news
Notizie fake e falsi profili sono stati analizzati da Cyabra, in collaborazione con Arcadia e Kite Group, che ha analizzato, valutato e classificato il tono emotivo dei post e dei commenti sui social media, suddividendoli in positivi, negativi o neutri e dei 3.139 contenuti analizzati: il 25% ha mostrato un sentiment negativo, il 13,4% positivo e il 61,5% neutro.
Ben 2538 "tigri da tastiera" hanno generato 705 post virali
I profili analizzati sono stati classificati in base alla loro autenticità, analizzando i modelli di comportamento per rilevare attività sospette o coordinate. Così, dei 2.538 profili il 23% è stato classificato come falso e questi profili falsi sono stati responsabili di 705 post e commenti. Molti di questi account falsi hanno avuto un ruolo centrale nella diffusione della disinformazione, in particolare nell'affermare falsamente che J.D. Vance fosse responsabile della morte di Papa Francesco.
Il trionfo degli anonimi
Questi account erano gestiti da individui che volevano partecipare alla conversazione in modo anonimo, permettendo loro di diffondere informazioni false o condividere ipotesi speculative senza rivelare la propria identità.
Domenico Giordano: “La rete è densa di untori digitali”
Spiega Domenico Giordano, Ad di Arcadiacom.it: “La mappatura realizzata da Cyabra ci consente di avvistare la punta dell’iceberg dei processi disinformazione o misinformazione, al contempo, ci aiuta a riflettere sul fatto che in rete e sui social media non ci sia alcun argomento che può considerarsi impermeabile a tentativi, coordinati o meno, di disinformazione. La ricerca conferma questa specifica caratteristica e fornisce anche gli strumenti per identificare gli autori, o sarebbe il caso di definirli untori digitali, della cattiva informazione”.