Morto un papa: Erdő, Parolin, Zuppi e gli outsider, tutti i favoriti in corsa per il Conclave

In 4 per il dopo Bergoglio. Chi sono, da dove vengono, divisi tra conservatori e “innovatori” alla Francesco

Di Sallustio Santori
I cardinali Matteo Maria Zuppi e Pietro Parolin
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Morto un papa: Erdő, Parolin, Zuppi e gli outsider, tutti i favoriti in corsa per il Conclave 

Morto un Papa se ne fa un altro: la Chiesa si basa su questo perché, ci si creda o meno, il suo traguardo è fuori dal tempo e dallo spazio. Ed è per questo che, mentre la cristianità (e il mondo, perché fu Papa più rivolto verso i lontani che i vicini) piange Francesco, è tempo di pensare a chi ne prenderà il posto. Ricordiamo a chi legge che la Chiesa non è una democrazia: il potere viene dall’Alto ed è l’Alto, cioè lo Spirito Santo, che sceglie il successore del Vicario di Cristo. Scendendo, più umanamente e prosaicamente, sul piano terreno e terrestre, possiamo indicare almeno quattro potenziali candidati e due outsider: procederemo da destra verso sinistra.

Destra-destra

Peter Erdő: Arcivescovo di Budapest classe 1952. Teologo, canonista di vaglia, duro su contraccezione, gay, immigrazione. I comunisti gli hanno bruciato casa nel ‘56: può essere un candidato dei conservatori, ma gli servono i voti ed è difficile che ne trovi in mezzo al grande consesso (135 elettori, 108 di nomina targata Jorge Mario Bergoglio);

Centro-destra ma gradito a tutti

Pietro Parolin da Schiavonea (VI), 70 anni compiuti a gennaio. Diplomatico di lungo corso, già Nunzio (ambasciatore) in Venezuela, scelto da Francesco come Segretario di Stato nel 2013. Ha gestito dossier delicati per l’accordo col Vietnam e la Cina, finendo poi messo da parte quando la guerra in Ucraina ha proiettato Matteo Zuppi nel firmamento della diplomazia parallela vaticana, quella di Sant’Egidio a cui Zuppi appartiene. Lui non s’è lagnato e ha lasciato che Zuppi non concludesse nulla tra Kiev e Mosca. In compenso leggeva dossier e incontrava gente: sebbene fermo su contraccezione e nozze gay, sul governo della Chiesa (che il defunto Papa ha vissuto in modo molto accentratore) è aperto al dialogo. È una figura di mediazione, che può riportare la barra al centro.

Centrosinistra ma troppo targato Bergoglio

Matteo Zuppi, romano de Roma e 70 anni a ottobre. È stato mediatore in Mozambico nei primi anni ‘90 mettendo fine alla guerra civile locale, viene da Sant’Egidio altrimenti detta “Onu di Trastevere”. Non è però uomo di stretta obbedienza ad Andrea Riccardi e perciò ha una sua certa autonomia di manovra. Dal 2019 è Arcivescovo di Bologna ed è sempre stato uomo di stretta osservanza bergogliana: messo in luce con l’invio a mediare tra Russia e Ucraina, però, non ha avuto successo. Può essere un uomo in grado di continuare la linea di Francesco senza troppi sussulti, ammesso che gli elettori scelgano quest’orientamento.

Centrosinistra

Luis Antonio Tagle da Manila, classe 1957 e già Arcivescovo di tale città. Ha guidato la Caritas Internationalis ed è attualmente pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, sezione prima evangelizzazione che dal ‘19 ha preso il posto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. Ben formato in teologia, dentro la commissione per lo Ior, l’Istituto per le opere di religione, bassissimo profilo negli ultimi tempi, l’uomo è dialogante in vari campi seppur fermo su alcuni principi quali aborto ed eutanasia. Bergogliano sì, ma non troppo smaccatamente come nel caso di Zuppi. Può essere la sorpresa di una Chiesa che dopo aver guardato al Sudamerica punta adesso all’Asia.

Outsider 1: Pierbattista Pizzaballa

Infine due outsider. Lui può essere un candidato adeguato al momento attuale perché è Patriarca di Gerusalemme, francescano già Custode di Terrasanta (cioè a capo della provincia francescana che copre quasi tutto il Medio Oriente e Rodi), parla bene l’ebraico moderno e dialoga in Palestina con tutti. Non scalda molto i cuori ed è relativamente giovane avendo compiuto il 21 aprile appena 60 anni, il che prefigurerebbe per lui un pontificato molto lungo; sarebbe però un modo per sottolineare che la Chiesa debba ripartire da lì, dove Cristo ha predicato, è morto ed è risorto, rimettendo un po’ le cose come stanno. O rielaborandole di nuovo, fate voi.

Outsider 2: Timothy Dolan

Classe 1950, sacerdote dal 1976, è alla guida dell’Arcidiocesi di New York dal 2009 ed è cardinale dal 2012. A dirla tutta, avendo compiuto i 75 anni il 6 febbraio scorso, dovrebbe essere sostituito alla guida della sua Arcidiocesi, mentre nel frattempo lui procede per la sua strada. Mediatico, affabile, semplice nell’eloquio, parlicchia l’italiano ed è generalmente ritenuto come un moderato. Il vero problema è che nel 2020 ha impartito una benedizione alla Convention repubblicana (ma Donald Trump, si sa, non venne eletto in quel frangente). Ora come ora, però, con un presidente come Trump è difficile che si possa pensare ad un Papa americano. Dolan, tuttavia, avrebbe ancora qualche carta da giocarsi.

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