Cecchettin, le coltellate "senza crudeltà" e niente stalking per Turetta: che cosa non torna nella sentenza di condanna
I giudici hanno spiegato perché non c'è stata crudeltà e reato di stalking, ma sbagliano. Parla la psicologa e criminologa Cristina Brasi
Niente crudeltà e stalking, polemica per la motivazioni della condanna di Filippo Turetta
Hanno fatto discutere le motivazioni della sentenza di condanna per Filippo Turetta, il giovane condanato per l'omicidio di Giulia Cecchettin. I giudici infatti hanno scritto che "non c'è stata crudeltà in quanto le 75 coltellate sono la prova della sua inabilità e non della sua cattiveria". Inoltre, nello spiegare il mancato riconoscimento del reato di stalking scrivono che questo è legato al fatto che "Giulia non viveva per questo uno stato d'ansia e non aveva paura di lui...". "Si tratta di due errori, di interpretazioni sbagliate", spiega Cristina Brasi, psicologa, criminologa e profiler che segue la linea degli esperti che contestano la parole dei giudici arrivando persino a parlare di "precedente pericoloso".
Cosa ci può dire a proposito del concetto di crudeltà?
“75 coltellate non competono solo alla volontà di uccisione, ma dimostrano chiaramente il bisogno del desiderio di vendetta e della necessità di esprimere la cattiveria nei confronti della vittima. La crudeltà esiste, anche se questa ci fa spaventare, ma è presente nell’essere umano. Le persone possono agire non solo per cause psicopatologiche o per comorbilità con esse. Se si è inabili si colpisce in maniera sbagliata ma se si provano sentimenti odio si colpisce e si colpisce più volte, fino a quando si è stremati e si arriva allo sfinimento che ti impedisce di continuare, come avrebbe fatto Turretta. Se ci fosse stata ancora la forza quelle 75 coltellate sarebbero state anche di più”
E per quanto riguarda lo stalking che dipenderebbe non tanto dalle azioni di chi perseguita ma dalle reazioni di chi subisce?
“Anche questo concetto è impossibile da condividere. Lo stalking non può essere ravvisato in base alla risposta comportamentale della vittima. Lo stalking comprende una serie di specifiche condotte che non sono collegabili alle reazioni della persona perseguitata. Questa, al contrario della persona che la perseguita, non ha creato schemi di reazione specifica ma mette in atto solo azioni difensive legate a comportamenti individuali. Le condotte messe in atto da chi commette dello stalking sono dei comportamenti chiari, atti a limitare la libertà altrui oltre alla volontà di incutere terrore a recare disturbi e disagi alla vittima facendola vivere in un continuo stato di ansia non collegabili al come la vittima stessa possa esprimere il proprio disagio".