Murgia, l'amore per Claudia e il figlio Raphael: "Ecco la mia famiglia queer"
La scrittrice si paragona al gatto di Schrödinger: "Mi sento viva e morta contemporaneamente"
Murgia: "Siamo una coppia omogenitoriale. Uno sguardo dieci anni fa"
Michela Murgia è uscita allo scoperto, svelando che è gravemente malata e che le restano ormai "mesi di vita". La scrittrice, anche in un momento della esistenza così drammatico, non perde l'ironia e si racconta nel profondo. Murgia in un lungo post su Facebook parla anche della sua vita sentimentale: "Nella nostra famiglia queer, io e Claudia siamo l'unica coppia omogenitoriale, perché da dodici anni condividiamo un figlio, Raphael. Lo ha fatto succedere proprio lui a nove anni, prendendomi la mano nella stessa sera in cui l'ho visto per la prima volta e dicendo: non voglio che te ne vai mai più. Non c’era alcuna ragione per dargli retta, a me i bambini nemmeno piacciono, ma ho vacillato e ho guardato Claudia, anche lei conosciuta la sera stessa. La decisione presa in quello scambio di sguardi non l'ho mai rimpianta. Nei successivi dodici anni io ho divorziato, lei si è sposata, abbiamo vissuto tante cose insieme, ma una cosa non è mai cambiata: siamo rimaste le madri di Raphael".
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Murgia poi racconta: "Mi sento come il gatto di Schrödinger: viva e morta contemporaneamente". L'esempio serve all’autrice per spiegare in un articolo su La Stampa cosa prova: "La malattia - rivela Murgia - e il suo decorso di ormai un anno e mezzo ha fatto scattare una surreale celebrazione funebre in vita a cui onestamente non mi sento ancora di partecipare con lo slancio ammirevole che ho notato in alcuni commentatori". Anzi, non ha escluso la possibilità di essere odiata. "Non c’è niente di più divertente, per chi scrive, - prosegue Murgia - che usare la penna come una lente d’ingrandimento per mettere a fuoco, anche nel senso di infuocare, un pezzo di realtà umana che cerca disperatamente di nascondersi anche a se stessa".
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Il suo libro "Tre Ciotole" racconta una cosa disarmante quanto vera: a volte, nel bel mezzo di un problema gigantesco che non controlli, il solo modo per non perdere la testa è creare un problema ulteriore, che però controlli. Il risultato è ossessivo, non etico, sparigliante e porta a pensare che avremmo avuto vite migliori se fossimo stati una specie vivente meno complessa, più facile. Ma saremmo stati anche molto meno divertenti e nella crisi non c’è nulla che alla fine salvi più di una risata su se stessi".