"Nella testa di Vladimir Putin", il libro di Michel Eltchaninoff

Il libro dello scrittore e filosofo francese Eltchaninoff ricostruisce le motivazioni, ideologiche e filosofiche, della visione politica putiniana

Di Antonio Buozzi
Cronache
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Nel libro Nella Testa di Vladimir Putin, lo scrittore Eltchaninoff, anticipa e romanza l'immaginario piano Novorossia messo in atto dallo zar che rispecchia l'attuale scenario Russia/Ucraina

Mai come questa volta si può dire che tutto era già scritto. E’ il 17 aprile 2014, Putin ha appena annesso la Crimea e in un intervento televisivo menziona per la prima volta il piano Novorossia, termine creato quando l’impero russo colonizzava la parte meridionale dell’Ucraina tra  la metà del Settecento e gli anni Trenta dell’Ottocento, fondandone le principali città. "Kharkiv, Donetsk, Nikolaiev e Odessa non facevano parte dell’Ucraina all’epoca degli zar, sono territori trasmessi all’Ucraina negli anni Venti del Novecento dal potere sovietico. Perché l’abbiano fatto, Dio solo lo sa. Bisognerebbe dunque recuperarli", tuona il presidente russo.   
Oltre al Donbass, il piano Novorossia ha un obiettivo molto più ambizioso: collegare la Russia alla Transnistria, la striscia di terra al di là del Dniestr in Moldavia abitata da separatisti filorussi dopo la caduta dell’URSS, e creare così  un lungo corridoio che dal Donbass, attraverso il sud del Paese e la Crimea si ricollega ad est, lasciando l’Ucraina senza più sbocchi sul mar Nero. Il piano, così come una raffica impressionante di dichiarazione e discorsi, dimostrano in modo lampante come la «operazione speciale» in Ucraina non sia nata dal caso o da cedimenti senili della mente di Putin, ma nasca da un mix esplosivo di nazionalismo, conservatorismo filosofico e religioso, timore del  contagio da parte di un Occidente in decadenza e senza più valori. 
Non a caso, Nella testa di Putin è il titolo di un contributo ampio e documentato del filosofo francese di origine russa Michel Eltchaninoff, da poco pubblicato in Italia dall’editore e/o e aggiornato alla crisi ucraina dopo che l’edizione originale era uscita in Francia nel 2015.  Il tentativo del filosofo francese di dare una motivazione razionale alla decisione della guerra, non è certo l’unico. Ricordiamo, tra gli altri di recente pubblicazione, l’omologo Nella mente di Putin di Elena Kostiouvic (La nave di Teseo), Le guerre di Putin di Giorgio Dell’Arti (stesso editore) e il contributo di uno scrittore russo tra i più amati in Italia negli ultimi anni, Nicolai Lilin, Putin. L’ultimo zar da San Pietroburgo all’Ucraina (Piemme). 

Il pregio del libro di Eltchaninoff sta nella ricostruzione accurata delle motivazioni, soprattutto ideologiche e filosofiche, della visione politica putiniana, che ripercorre alternando la citazione di documenti e interventi ufficiali a conversazioni private da lui stesso avute con intellettuali di primo piano. Un quadro impressionante che ricostruisce pienamente l’universo mentale del presidente russo e le ragioni che lo hanno portato alla guerra. Tanto che viene naturale chiedersi, vista l’apparente sorpresa trapelata dai governi occidentali di fronte all’invasione, se le rispettive intelligence abbiano mai avuto occasione di sfogliare questo libro.

Un primo tassello di questo universo  è apertamente dichiarato da Putin la sera del 21 febbraio, tre giorni prima dell’invasione: le radici storico-religiose della Russia nell’antica Rus. Già in un discorso del 2013 a Kiev, Putin affermava solennemente: "L’Ucraina è senza dubbio uno stato indipendente (...), ma non dimentichiamoci che l’attuale Stato russo ha alcune radici legate al Dnepr. Come si dice, condividiamo gli stessi fonti battesimali nel Dnepr. La Russia di Kiev è all’origine dell’immenso Stato russo. Abbiamo una tradizione comune, una mentalità comune, una storia comune, una cultura comune. (…) Lo ripeto, in questo senso siamo un unico popolo". E qui compare anche la prospettiva religiosa. Aleksander Dugin, ideologo dell’Euroasiatismo, teoria sostenuta da Putin di una Russia baluardo di fronte all’influenza americana e all’aggressività della Nato, confida in un colloquio privato con l’autore che "Putin vuole realizzare un’unione dei regni cristiani europei", come già proponeva il filosofo russo Vladimir Solov’ëv, "secondo cui gli antichi regni europei, ritrovando la loro identità cristiana, si unirebbero per combattere l’Anticristo, sotto il controllo strategico della Russia".

L’Occidente come luogo di decadenza e dissoluzione dei valori morali è un refrain che risuona frequentemente  nella mente di Putin. Il 12 dicembre 2013, giorno del ventesimo anniversario della Costituzione postsovietica del 1993, mentre i filoeuropeisti ucraini manifestano in piazza Maidan a Kiev, tiene un discorso di alto profilo di fronte a tutti i rappresentanti della nazione: "Oggi in molti paesi le norme della morale e dei costumi vengono riconsiderate, le tradizioni nazionali vengono cancellate, così come le distinzioni tra nazioni e culture. La società non reclama più soltanto il riconoscimento esplicito del diritto di ognuno alla libertà di coscienza, delle opinioni politiche e della vita privata, ma anche il riconoscimento obbligatorio dell’equivalenza, per quanto strano possa sembrare, tra bene e male, che hanno un’essenza opposta".

Eltchaninoff scrive che sui comodini degli apparatcik russi campeggia da tempo un filosofo ottocentesco che il presidente russo legge e cita spesso: Nikolaj Danilevskij (1822-1885), che nella sua opera più importante, La Russia e l’Europa, pubblicata nel 1871, propone l’unione di tutti gli slavi sotto la guida della Russia, progetto motivato innanzi tutto, secondo lui, dall’impossibilità del suo paese di fare parte dell’Europa, per una inimicizia strutturale. Così conclude: "La lotta contro l’Occidente è l’unico mezzo salutare sia per guarire la nostra cultura russa che per far progredire la simpatia panslava”. Ma Danilevskij non è l’unico pensatore apprezzato dal presidente. Ivan Il’in, ferocemente antibolscevico e per questo costretto all’esilio, in un volume del 1925, Sulla resistenza al male attraverso la forza rifiuta la teoria della nonviolenza di Tolstoj, affermando la necessità, quando necessario, di opporsi al male di fronte a un’aggressione esterna, e prefigura il disegno di "smembrare la Russia per farla passare sotto il controllo dell’Occidente, disfarla e alla fine farla sparire".
 

"Ora che alcuni popoli ex URSS hanno deciso di abbandonare l’universo sovietico e il patrocinio russo, il presidente si sente circondato da potenze ostili", osserva Eltchaninoff. "Senza minimamente prendere in considerazione la volontà dei popoli, in questo processo non vede altro che un’operazione della CIA".
Ecco allora un Putin che non solo vuole riunificare l’ex impero sovietico, ma punta anche su quei movimenti populisti che serpeggiano nell’Europa occidentale e che vagheggiano un ritorno alle radici nazionali e ai valori della tradizione, per porsi come modello alternativo al modello americano. E, osserva ancora Eltchaninoff: "Putin restituisce alla Russia la sua vocazione ideologica internazionale.

Il conservatorismo identitario deve diventare un faro per tutti i popoli del mondo. La mobilitazione conservatrice cominciata e diretta dal Cremlino non ha più confini. L’Unione Sovietica non era un paese, ma un concetto. Con Putin la Russia è di nuovo il nome di un’idea". Come si vede, nella testa di Putin c’era già tutto, salvo la percezione, non di poco conto, di quello che passava nella testa di Zelenskij e dei suoi compatrioti.

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