Funerali di Papa Francesco, attenzione a Parolin e Giovanni Battista Re. Il ruolo dei due cardinali
A presiedere il rito delle esequie sarà il decano del collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re: toccherà a lui tracciare un ritratto del Papa defunto
Verso il funerale di Papa Francesco
Fate attenzione a quello che succederà nei prossimi giorni: sabato 26 ci sarà il funerale di Papa Francesco e, a presiedere il rito delle esequie sarà il decano del collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re da Borno (BS), 91 anni gagliardamente compiuti il 30 gennaio scorso. A lui, dunque, toccherà celebrare le esequie di Jorge Mario Bergoglio e poi, quando sarà fissata la data d’inizio del Conclave (tra 5 e 10 maggio) presiederà la Missa pro eligendo Romano Pontifice, la Santa Messa nella quale si prega e invoca particolarmente lo Spirito Santo perché guidi i cardinali verso la scelta del nuovo Papa. Due momenti forti, insomma, nel corso dei quali le sue parole pronunciate durante l’omelia potranno svelare non pochi indizi.
Generalmente indicato come conservatore, diplomatico di lungo corso con esperienza a Panama e Iran, lunga frequentazione delle stanze della Segreteria di Stato e già alla guida della Pontificia Commissione per l’America Latina, Re è certamente uomo di grande prestigio ma certo vicino ai Legionari di Cristo, movimento ultraconservatore che, dopo il caso del fondatore Maciel Delgado colpevole di pedofilia, è stato commissariato e ripulito a cura del cardinale Camillo Ruini nei primi anni 2000. Ai Legionari, a suo tempo, aveva avvicinato l’ex Governatore di Bankitalia Antonio Fazio e la sua famiglia, già che ci siamo. Re era stato indicato tra i potenziali Segretari di Stato di Benedetto XVI, ma poi toccò al cardinale Tarcisio Bertone. Vecchie storie.
Ora però al cardinale Re toccherà sicuramente tracciare un ritratto del Papa defunto, che ha avuto modo di conoscere nei primi anni 2000 quando guidava la Commissione per l’America Latina; e poi, dopo aver ascoltato con molta attenzione tutto quello che i cardinali si diranno in questi giorni prima dell’inizio del Conclave, dovrà riassumere la figura del candidato ideale tratteggiato dalle discussioni nelle Congregazioni generali. Non sarà un lavoro facile, visto e considerato che peraltro molti cardinali arrivano da periferie non soltanto esistenziali del mondo, e considerato anche che saper parlare e capire bene l’italiano è requisito curriculare per diventare Papa (così come nei fatti l’italiano è la lingua della Curia e della sua secolare macchina): datasi la sua posizione, Re potrà esprimersi il più liberamente possibile mentre non è da attendersi molti balzi in avanti dall’omelia di Pietro Parolin, il cardinale segretario di Stato che presiederà invece la seconda Messa dei novendiali (i 9 giorni di lutto papale, funerale incluso) nella mattina di domenica 27. Difficile che il porporato veneto possa prendere una posizione: l’uomo è un diplomatico di carriera e qualità ed è noto per il passo felpato e le parole ponderate. Ma sarà interessante analizzare, anche qui, detto e non detto e qualche sorpresa, qualche indizio potrebbe venire fuori dalle parole di Parolin.
Insomma, questo è il tempo delle parole e dei segnali. Non siamo ancora entrati nel vivo e le regole volute da Benedetto XVI nel 2013 impongono una maggioranza di almeno i 2/3 degli elettori. Significa quota 91, che fa probabilmente più paura di quota 90: meglio restare al piano o tentare l’ascesa verso l’Alto? Dio solo lo sa, è il caso di dire.