Gaza e la polemica sul genocidio: nel nuovo libro del Papa gli interrogativi (legittimi) sulla guerra 

Guerra a Gaza e rispetto del diritto internazionale: Israele sta attuando un genocidio contro il popolo palestinese? Tutti i dubbi del Papa nel suo nuovo libro

di Giacomo Costa
Cronache

Il nuovo libro del papa, e i due beni assoluti

Il nuovo libro del Papa, che sarà disponibile in alcune lingue tra cui l’italiano tra breve, e di cui alcuni giornali hanno pubblicato degli estratti, contiene la seguente osservazione: “A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per indagare se si inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali.”

Questa dichiarazione, che parrebbe simile a quella di molte autorità politiche europee (molti leader dicono che il problema è serio ma che i loro governi non dispongono delle informazioni necessarie) ha suscitato un ventaglio di commenti, risposte, proteste di cui vogliamo dare un sintetico vaglio. La replica del governo israeliano è stata sommaria e semplicistica. Ha ritenuto che il Papa avallasse l’ipotesi di genocidio e l’ha respinta con sdegno: “L’attacco del 7 Ottobre sferrato da Hamas è stato un genocidio, noi stiamo solo cercando di difenderci: non di genocidio, di auto-difesa si tratta.”

Più sottile il discorso di Sacha Roytman, dirigente di un’organizzazione che combatte la diffusione dell’anti-semitismo nel mondo. Sostiene che i veri violenti sono gli altri, i tanti nemici di Israele. Ma soprattutto, questo intervento del Papa è fuori luogo, non è professionale. Se sapesse fare il Papa saprebbe anche solo sollevare il dubbio che Israele possa aver commesso genocidio alimenta una falsa narrazione che spinge la gente all’antisemitismo : un Papa, purtroppo, incapace.

Alcuni apprezzano l’attenzione e la precisione con cui il Papa ha posto il suo dubbio. Nota Vladimiro Zagrebelsky (anche lui giurista, come il più noto fratello Gustavo) : “Il rifiuto di Israele di discutere l’ipotesi stessa del genocidio, ritenuta offensiva e immorale in rapporto ad un popolo vittima della Shoah, ha un senso nel conflitto politico, ma non considera il diverso piano dell’accertamento dei fatti e della loro qualificazione secondo la definizione internazionale del crimine di genocidio.”

Ciò che è in gioco per il governo di Israele, nota Zagrebelsky, è l’unicità del genocidio subito dagli ebrei. Questo sarebbe stato un male assoluto, il riconoscimento del quale è ora un bene assoluto, da difendere a tutti i costi, per Israele e forse anche per ebrei non israeliani. Ma, osserva Zagrebelsky, “storicamente e giuridicamente vi sono stati altri genocidi, ognuno per più versi diverso dagli altri. Ognuno ahimé a suo modo “unico”, si potrebbe anche dire. Non ce n’è uno che possa pretendere di essere “più diverso” dagli altri. Il fatto è che l’unicità di un evento, per quanto tragico, sparisce nel momento in cui se ne formula una definizione giuridica. Perché per farlo occorre astrarre alcune proprietà che possono ricorrere anche in altri eventi, in altri atti criminali. Perciò non è sicuro che si possa veramente lasciare al “conflitto politico” il mito dell’unicità. A meno di ritenere chiuso ad ogni considerazione razionale il discorso politico.

Questo problema riemerge nei commenti della storica Anna Foa: “Di fronte all’inaccettabile espulsione di decine di migliaia di persone dalla loro terra, considero il discorso del Papa il contributo del capo della cristianità al dialogo. Di più: è un contributo particolarmente importante in un momento in cui le piazze traboccano odio irrazionale e penso che riportare quanto sta accadendo da oltre un anno a Gaza sul piano del diritto possa sottrarlo alla strumentalizzazione violenta.” Ecco che nel discorso della Foa emerge un altro bene assoluto: ella teme la spaventosa regressione che subisce la civiltà mondiale se vengono soppressi “gli strumenti del diritto internazionale” elaborati “all’indomani del 1945 per allontanare gli spettri della guerra: “Stiamo tornando indietro allo sterminio indiscriminato di donne bambini…dobbiamo riportare il dibattito a un piano più alto: presto, prestissimo, adesso.”

Forse non molti conoscono la valente giurista Silvana Arbia, per molti anni nella Corte Penale Internazionale come cancelliera: parrebbe quasi nella sua intervista aver raccolto il testimone da Anna Foa: “Ringrazio il Papa…per l’alto richiamo che ha rivolto alla comunità internazionale…ogni Stato ha l’obbligo, ripeto, l’obbligo non solo di perseguire e punire il genocidio, ma anche di prevenire questo crimine internazionale gravissimo. Sono norme imperative inderogabili che la comunità internazionale ha adottato per garantire pace e sicurezza mondiale, ed evitare che orribili tragedie consumate durante la Seconda guerra mondiale potessero ripetersi. Purtroppo assistiamo ad una crescente violazione di queste regole, stiamo distruggendo l’intero sistema a difesa dei popoli, cioè di noi stessi. Disconoscere l’autorità dell’Onu e le sue istituzioni comporta seri rischi che riguardano tutti noi.”

Noi siamo anche responsabili del buon funzionamento della giustizia internazionale. Ma, nota l’Arbia, “A parte l’azione del Sudafrica, nessuno intraprende azioni per ottemperare a questi obblighi. Invece alcuni Stati sostengono Israele con l’invio di armi, incoraggiamento. Così facendo, si rendono responsabili di complicità punibile. Se sottostiamo al volere di pochi personaggi che si inventano un potere sovraordinato, non sopravviveremo a noi stessi.”

 

 

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