Parsi, esperienza premorte: "Ero nell'Ade. Poi il volto di Tiziana Panella..."
Il professore racconta come è finito in terapia intensiva e in coma. E come ne è uscito, grazie all'immagine della conduttrice di "Tagadà", sua compagna
Parsi e l'amore per Tiziana che gli ha salvato la vita. "Stavo per morire, poi ho visto lei"
Vittorio Emanuele Parsi ha rischiato seriamente di morire. "Ho sentito tre colpi sul diaframma, come fossi in apnea". Il professore e politologo è stato colpito da una patologia gravissima, da lì il ricovero d'urgenza. "Il medico - svela Parsi a Il Corriere della Sera - mi ha detto due cose, che ricorderò sempre. La prima: dobbiamo farle un’operazione salvavita. La seconda: può andare male". Parsi racconta di aver avuto un'esperienza premorte. "Ricordo tutto il periodo in coma. Uno Stige, un fiume melmoso, nero, che stava sotto i miei piedi, come Ulisse e Achille. Ricordo di avere visto le radici degli alberi da sotto, come fossi in un crepaccio. E di tanto in tanto, voci lontane. Penso fosse l’Ade. Il fiume in cui stanno le anime morte. Non ho visto nessuna luce, nessuna speranza che non fosse quella di lottare per vivere". Parsi poi spiega cosa lo ha salvato: "Ho pensato alle mie figlie e a Tiziana Panella (conduttrice di Tagadà su La7 ndr), la mia compagna da due anni. Ho visto il suo volto, volevo rivederlo. È chiaro che non volevo lasciare sole".
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Parsi prosegue nel suo racconto di questa esperienza premorte: "Ho parlato - racconta il professore a Il Corriere - con mia madre e con mio padre, che non ci sono più: "Datemi una mano voi, non è il momento di raggiungervi". È stato allora che ho materializzato nella mente quegli omini di gomma che vendevano nei ruggenti anni '70 e ’80, che si lanciavano sul vetro e si appiccicavano e salivano e scendevano… Ecco, ho visto me stesso un po' come uno di quegli omini, a risalire l’immenso crepaccio, con tutta la fatica del mondo. E quando poi sono arrivato in cima ho aperto gli occhi. E ho visto Tiziana che era lì con me". Parlando della compagna, Parsi dice che "lei ha un soprannome che le ho dato, che dipende da vicende non fortunate che l'hanno riguardata. È "cerottino". Ero convinto di essere io quello forte. E invece devo dire che la sua forza è emersa a darmi una grande serenità. Così mi sono salvato".