Pasolini "manifesto" della destra: da Meloni a Sangiuliano, ecco chi lo loda

Mentre in Senato è stata depositata la proposta di una nuova commissione di inchiesta sull'omicidio dell'autore, il ministro della Cultura annuncia una mostra

Di Giuseppe Vatinno
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Cronache

Omicidio di Pasolini, proposta una nuova Commissione di inchiesta in Senato. Da Meloni a Sangiuliano, l'autore nuovo "manifesto" della destra italiana

Lo scorso 12 dicembre in Senato è stata depositata la proposta di istituire una nuova commissione di inchiesta sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Non è la prima.

La commissione di inchiesta sulla morte di PPP avrà il “compito di svolgere indagini e approfondimenti al fine di rivalutare compiutamente l’attività di indagine svolta nelle fasi successive al delitto; esaminare atti e documenti raccolti sino a oggi dall’autorità giudiziaria avente a oggetto l’omicidio disponendo i necessari approfondimenti investigativi; verificare movente e esecutori dell’omicidio”. Pier Paolo Pasolini è stato un grande poeta, scrittore e regista cinematografico; una parola per riassumere tutte queste attività culturali è “intellettuale”.

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Pasolini, contrariamente a molti altri intellettuali di quel tempo e dell’attuale fu però un “intellettuale disorganico” nel senso che non fu mai compiacente con il Potere, tantomeno quello della sua area politica di riferimento iniziale e cioè quel Partito Comunista Italiano che lo cacciò nel 1949 per la sua dichiarata omosessualità ed in nome di un perbenismo di facciata togliattiano che voleva scimmiottare i valori (allora) borghesi alla faccia del “libero amore” propugnato dai soviet nella Rivoluzione d’Ottobre.
Negli anni ’50 si trasferì per insegnare nella capitale  in semi – povertà, alloggiando dapprima nelle borgate degradate di quella Roma Est i cui lamierati infuocati e la cui gente canterà nelle sue opere, come nel film Accattone. Poi, migliorando la sua condizione economica, abitò a Monteverde ed infine all’ Eur.

La notte del 2 novembre 1975 era fredda e ventosa all’Idroscalo di Ostia. Un panorama surreale che non è cambiato da allora. Un mondo a parte, rimasto congelato nel tempo. Fu un atto violento, un delitto efferato che sembrò ritagliato da uno dei suoi libri, “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”. Dell’omicidio fu accusato e condannato un giovane dedito alla prostituzione, Pino Pelosi soprannominato “la rana”. Prima il poeta e il ragazzo si erano fermati a cenare Al biondo Tevere, un locale che ancora esiste poco dopo l’inizio della via Ostiense. Il Pelosi aveva preso degli spaghetti aglio e olio, sebbene l’ora fosse già tarda e il locale stesse chiudendo, mentre Pasolini aveva voluto solo una banana e una birra, avendo già cenato prima. Lasciarono il locale, secondo la testimonianza della signora Giuseppina, la proprietaria, verso mezzanotte e venti e si diressero verso Ostia.

Solo due ore dopo il Pelosi sarebbe stato arrestato sul lungomare balneare, mentre guidava ad altissima velocità e contromano l’Alfa Romeo Giulia GT dell’artista. Una storia complicata, la cui verità definitiva non è mai venuta a galla. Pelosi cambiò più volte la sua versione dei fatti ammettendo che quella notte non era solo e che si era trattato di un agguato. Il corpo dello scrittore, che indossava pantaloni celesti ed una maglietta verde, fu trovato da una donna all’alba, riverso per terra. I possibili moventi negli anni si susseguirono: dall’incontro omosessuale finito male, che era quello iniziale del “ragazzo di vita”, alla matrice neofascista, ad una vendetta maturata nel mondo delle major energetiche per quanto rivelato nel romanzo incompiuto (pubblicato postumo) Petrolio. Pasolini fu un autore ideologicamente controverso.

La sinistra se ne è sempre appropriata ma il regista non fu mai tenero con il Pci che lo cacciò per “indegnità morale”. Basti pensare poi alle sue posizioni contro l’aborto e sugli studenti che manifestavano a Valle Giulia per capirlo. Il poeta si schierò senza esitazione con i poliziotti, veri “figli del popolo” contrapposti ai “figli di papà” ricchi e viziati che giocavano a fare gli intellettuali.

Questa sua posizione fece scandalo e mentre si susseguivano i dibattiti alla sede de l’Espresso con lo scrittore amico Alberto Moravia sulla graticola studentesca, Pasolini fu sempre adamantino nella sua posizione di critica a quelli che oggi sarebbero definiti “radical – chic” e che ancora infestano le redazioni di certi giornali, “cattivi maestri” sempre in auge. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, intervenendo alla recente festa di FdI di Atreju, ha fatto un inaspettato e meritorio annuncio: “Nel 2025 faremo una mostra su Pasolini e Yukio Mishima, due grandi letterati, italiano e giapponese".

Non si tratta di un banale “sdoganamento a destra” della figura dell’intellettuale ma di un processo di revisione critica per definirne al meglio la complessa figura umana e artistica. La stessa Giorgia Meloni, nella sua autobiografia “Io sono Giorgia” (Rizzoli, 2021) cita una poesia, sapientemente occultata dalla sinistra. Pier Paolo Pasolini, nella sua ultima meravigliosa poesia aveva vergato versi di destra, visto che il Pci lo aveva cacciato e i partigiani rossi gli avevano ammazzato il fratello Guido facente parte delle Brigate bianche Osoppo, nell’eccidio di Porzûs.

Ma leggiamo direttamente quello che scrive il premier (pag. 200 - 201): “…Ma non parlo di una destra materialista, tutt’altro. Parlo di una destra divina e, come altri prima di me, per dipingerne le forme mi affiderò all’intellettuale italiano più irregolare del dopoguerra: Pier Paolo Pasolini. Può sembrare un paradosso, ma l’ultimo componimento scritto dal poeta friulano è davvero un manifesto politico, conservatore, di straordinaria bellezza e coerenza. In Saluto e augurio Pasolini consegna nelle mani di un imberbe fascistello degli anni Settanta il suo testamento ideale:

‘Prenditi tu, sulle tue spalle, questo fardello…Difendi i campi tra il paese e la campagna, con le loro pannocchie abbandonate. Difendi il prato tra l’ultima casa del paese e la roggia…Difendi, conserva, prega!’ Nei versi che seguono per ben tre volte Pasolini ripeterà il suo appassionato invito a difendere, conservare, pregare. ‘Dentro il nostro mondo, dì di non essere borghese, ma un santo o un soldato: un santo senza ignoranza, un soldato senza violenza. Porta con mani di santo o soldato l’intimità col Re, Destra divina che è dentro di noi, nel sonno’”. Prosegue la Meloni: “Difficilmente si potrebbero trovare parole più liriche per definire un pensiero politico profondo e diffuso come quello che innerva la destra italiana”.

E non si può dimenticare uno dei suoi film più belli e drammatici, come “Il Vangelo secondo Matteo” del 1964, un film “scandaloso” per la cultura conformista dell’epoca. Un film spirituale ma neorealista, in un bianco e nero spietato che mette in risalto i sassi di Matera dove era stato girato. Un Cristo povero e derelitto, un San Pietro dai tratti di uomo volgare, con la madre Susanna ad interpretare la madonna anziana.

L’afflato di una “religiosità laica” mise in imbarazzo il Partito comunista che si ritrovò un personaggio assai scomodo da gestire in piena Guerra Fredda. Fu quindi il pensiero del poeta, scrittore e regista anche un pensiero indubbiamente conservatore, sicuramente fuori dagli schemi banalmente proposti per anni da una sinistra con cui il grande friulano fu sempre critico. Speriamo che questa nuova Commissione faccia veramente luce su un delitto irrisolto.