Prof accoltellata: "I ragazzi dopo la pandemia sono arrabbiati. Serve ascolto"
La giornalista e autrice del podcast "Baby gang. Il lato oscuro dell'adolescenza", Roberta Lippi, dialoga con Affari e cerca di fare luce sulla vicenda
Insegnante accoltellata, la giornalista Roberta Lippi ad Affari: "Il ragazzo covava grande rabbia, perchè nessuno se ne è accorto?"
Domani si terrà l’udienza per la convalida dell’arresto del giovane studente che, in una scuola di Abbiategrasso, ha accoltellato la propria insegnante. Un episodio che invita le giovani generazioni, ma non solo, a riflettere su un disagio sempre più evidente che riguarda gli adolescenti, prima vittime e poi carnefici di un sistema che troppo tardi si accorge di loro.
Affaritaliani.it ne ha parlato con Roberta Lippi, giornalista, già nota per le serie d’inchiesta “Love Bombing” e “Soli” e ora autrice del podcast “Baby Gang. Il lato oscuro dell'adolescenza” per Storielibere e Publispei.
Cosa racconta questo caso di aggressione a un’insegnante? Si tratta solamente di un gesto criminale?
Anzitutto possiamo dire che non è un caso isolato. Ora sappiamo inoltre che si è trattato di un gesto premeditato, e che l’insegnante era proprio l’obiettivo del giovane: se però è vero che adesso è ricoverato in psichiatria, e si avanza l’ipotesi di un disturbo paranoide di personalità che ovviamente è ancora tutto da diagnosticare, c’è da chiedersi come mai nessuno si sia accorto di questo disagio emotivo.
Chi doveva accorgersene?
La famiglia, la stessa scuola, e noi tutti come società, che attenzione prestiamo ai ragazzi? Ci rendiamo conto del disagio che provano e della rabbia che covano? L'episodio di Abbiategrasso è emblematico: un giovanissimo che premedita di accoltellare un insegnante, che premedita come farlo e che porta con sé una pistola giocattolo allo scopo di intimidire i compagni, vuol dire che ha alimentato una rabbia dentro di sé davvero importante.
Non conosco la storia nel dettaglio, né il contesto familiare o amicale, ma ci sono alcuni elementi che ricorrono nelle storie di questi ragazzini che utilizzano la violenza contro un insegnante, o un adulto in generale.
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Perché secondo Lei questi episodi di violenza sono sempre più frequenti nei confronti degli adulti?
Perché agli occhi dei più piccoli gli adulti – e in particolar modo gli insegnanti - hanno perso autorità. Non solo: non viene loro riconosciuto nemmeno il rispetto per il ruolo che ha l’adulto in una certa posizione, quella educativa. Il vero problema è che il mondo dei grandi, per loro, ha perso di concretezza.
È una considerazione che emerge da tutte le testimonianze che mi sono arrivate dalle vittime, dalle insegnanti con cui ho parlato, con le Forze dell’Ordine. Inoltre gli atti violenti contro gli insegnanti, così come contro altre figure adulte, sono sempre più frequenti, anche grazie alla consapevolezza che i più giovani hanno di non poter essere puniti.
Prima parlava di una “rabbia” che secondo Lei è cresciuta dentro l’autore dell’aggressione. Da cosa può dipendere?
Da dove arriva questa rabbia? Non possiamo saperlo con certezza, ma pare che il giovane temesse un abbassamento della propria media scolastica. E qui sorge un’altra domanda: quanto chiediamo a questi giovani in termini di performance? Poi c’è un altro elemento.
Quale?
Il secondo elemento è la pandemia, che non spiega né giustifica assolutamente la violenza, ma serve per poter forse comprendere la rabbia e il senso di irrealtà dei giovani: li abbiamo tenuti in cattività per quasi due anni, specialmente gli studenti, con la didattica a distanza e impedendo loro di mettere in atto magari anche piccoli episodi di ribellione tipici della loro età. Questo ha alimentato il senso di irrealtà e ha causato una rabbia che doveva essere espressa. A questo si aggiunge il fatto che tutto il mondo intorno a noi è irreale. Io penso davvero che loro non sappiano che la realtà esiste … e anche quando sono costretti a fare i conti con le proprie responsabilità, questo cosa significa? Per questo, è giusto che il ragazzo intanto sia stato preso in carico da uno psichiatra, per capire da dove sia arrivata questa rabbia e se siamo in presenza di una psicosi, che eventualmente deve essere trattata.
Cosa possono fare gli adulti per prevenire non solo la violenza, ma il disagio dei più giovani?
Siamo tanto bravi a parlare di prevenzione, ma di fatto non sono stati messi in campo strumenti, né a scuola, né sul territorio. Intanto bisogna comunicare che questi fenomeni, questi "lati oscuri" dell'adolescenza esistono, e non solo quando sfociano in conseguenze drammatiche. Questo anche perchè tanto più una persona ha un disagio e un problema, tanto meno sa che da parte girarsi. Dobbiamo ascoltare di più.