Torino, ragazza rom porta la famiglia a processo: "Non voglio vivere rubando"
A processo il padre, i due zii e il nonno. "Mi picchiavano con il bastone quando la refurtiva non era soddisfacente"
Ragazza rom si ribella e denuncia i genitori, a processo padre, nonno e zii per maltrattamenti. Si difendono: "È schizofrenica"
Tutto inizia il 30 aprile 2018, quando una ragazza rom si presenta ai carabinieri per denunciare la famiglia, "aiutatemi". Accolta dai militari la giovane, allora 14enne, dice di essere nata in Italia ma di avere origini rom. E racconta che la famiglia la costringe a rubare, che i parenti la picchiano a mani nude, a volte con un bastone, quando il "bottino" sgraffignato è inferiore alle aspettative.
"Io non voglio più rubare. Non voglio più fare questa vita", confessa la ragazza. All'epoca residente in un campo di Orbassano (Torino), oggi vive in una comunità protetta e ha iniziato a frequentare la scuola. I parenti, il padre, gli zii paterni e il nonno, invece, sono a processo in Tribunale a Torino (la madre è scappata anni fa). La conclusione del processo è attesa per questo febbraio.
Un'altra storia che scardina le radici di un nucleo famigliare, che nasce dal coraggio di una giovane donna di mettere in discussione l'indiscusso, nel tentativo di rompere le proprie catene, con tutto ciò che una simile scelta vuol dire. Anche e soprattutto in termini di rischio per la propria vita, rischio che la tragedia di Saman Abbas, una volta di più, insegna a non sottovalutare mai.
In aula la giovane è rappresentata dall'avvocato Roberto Saraniti, mentre i 4 imputati sono difesi dall'avvocato Vittorio Pesavento. A sostenere l'accusa è il pm Laura Ruffino, che contesta il reato di maltrattamenti. La famiglia della ragazza nega ogni addebito e sostiene che "la ragazzina è pazza. Come il papà, che stando al certificato medico, soffre di schizofrenia paranoide".
Secondo i medici, invece, la giovane ha semplicemente bisogno di qualcuno che la aiuti a elaborare la complessità del suo vissuto. I problemi del padre, l'abbandono da parte della madre quando aveva due anni, poi la ribellione ai valori e alla "cultura da ladra" che l'hanno cresciuta, assieme ai ricatti e alle botte.
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