Custodia cautelare, Razzante: "Corto circuito tra informazione e giustizia. Vi spiego perché la stretta è giusta"

Parla il docente di diritto dell'informazione Ruben Razzante

di Lorenzo Goj
Cronache

Norma Costa, Razzante: "Vi spiego perché la stretta è giusta"

La norma Costa, approvata ieri sera in Cdm, ha già fatto scattare l’allarme dell’opposizione e dei cronisti di giudiziaria più incalliti. La preoccupazione principale, è emerso, altro non sarebbe che la paura di una libertà di stampa molto limitata. O, per citare alcuni giornali, “imbavagliata”.

Pensiero, questo, condiviso anche dalla stessa Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi), la quale rigira la questione sulla possibilità di fraintendere i motivi di un’ordinanza di misura cautelare senza tutti i dettagli del caso.

Ma c’è anche chi è contrario a questo punto di vista. Interpellato da Affaritaliani.it, il professor Ruben Razzante, Docente di Diritto dell'informazione all'Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma e autore di un Manuale di successo sulle regole dell'informazione, si dice infatti favorevole alla riforma, purché applicata con equilibrio per evitare eccessive limitazioni.

 

Ruben Razzante
 

 

Professore, che cosa cambia per i giornalisti con l’approvazione della norma Costa?

Nel dettaglio, sarà vietato pubblicare il testo dell'ordinanza di custodia cautelare finché non saranno concluse le indagini preliminari, oppure fino al termine dell'udienza preliminare. Con la nuova normativa le ordinanze non si potranno più citare per esteso, con un virgolettato per intenderci, ma soltanto per estratti. Essenzialmente, viene modificato l'articolo 114 del codice di procedura penale.

Ma non è tutto. Il decreto legislativo toglie ai mezzi di informazione anche la possibilità di pubblicare parti delle intercettazioni, come consentito nel 2017 con la legge ad hoc dell’allora Guardasigilli Andrea Orlando. Sarà di fatto possibile pubblicare solo il capo di imputazione.

Secondo lei la nuova norma rappresenta davvero un bavaglio per la stampa?

No, assolutamente. Credo anzi si tratti di una norma di buon senso. C’è bisogno di mettere fine alla gogna mediatica cui sono state sottoposte tante persone. Si può rovinare la vita altrui in questo modo. In tanti sono finiti nel mirino dei giornalisti più accaniti, magari senza poi essere neanche rinviati a giudizio, ma uscendo dall’occhio del ciclone comunque con la vita rovinata dalle speculazioni dei media. 

Poter sbandierare ai quattro venti i dettagli della vita privata di qualsiasi individuo è un fatto che può portare a effetti molto pesanti. Credo ci sia un cortocircuito continuo tra informazione e giustizia. I giornali troppo spesso violano la privacy della gente: ormai questo comportamento si è trasformato in una malattia. La norma Costa può rivelarsi una cura efficace.

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Insomma, serve più equilibrio. Ma quale può essere un’altra soluzione oltre la norma Costa?

Difficile trovare un modo migliore per mettere in equilibrio informazione e privacy. Poi, rimane da dire che anche le stesse misure cautelari nel nostro Paese vengono usate in modo improprio

In che senso?

Mi sembra servano più per far dimettere le persone, piuttosto che per il loro reale scopo. Le misure cautelari dovrebbero venire utilizzate solo ed esclusivamente per assicurarsi che l'indagato non fugga, non inquini le prove e non commetta ulteriori reati.

Anche gli altri Paesi democratici hanno questo tipo di problemi con il rapporto privacy-informazione?

Il racconto della cronaca giudiziaria in Italia è estremamente spettacolarizzato. Negli altri Paesi non ragionano in questo modo. C’è molta più attenzione ai diritti delle persone coinvolte nelle indagini.

In definitiva, cosa risponde a chi definisce la norma un bavaglio alla libertà di stampa?

Credo ci sia tanta incoerenza. Coloro i quali parlano di norme liberticide perché non si può più scrivere di tutto sui loro avversari, quando vengono colpiti i loro alleati (o loro stessi) invocano il rispetto della privacy e la tutela della persona

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