Rimini, la truffa dell'Hotel Gobbi: la furia di oltre 800 clienti raggirati

Più di 30 conti, tra Italia ed estero, cui i clienti raggirati hanno fatto i bonifici per godersi le vacanze estive presso la località romagnola

Polizia8 (1)
Cronache
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Rimini, più di 30 conti correnti coinvolti nella truffa dell'Hotel Gobbi: emerge il giallo della chat Whatsapp

Una truffa da far invidia ai film di Totò. Il protagonista della storia? L’hotel Gobbi di Rimini, prima che sparisse nel nulla. Più di trenta conti correnti, in Italia e all’estero. Dopo quelli offshore in Irlanda, adesso se ne scoprono di nuovi in Lituania: è lì che venivano bonificati saldi e caparre destinati all’hotel. 

Emergono sempre più dettagli attorno al caso della struttura romagnola, protagonista della truffa che ha rovinato le ferie — e svuotato i portafogli — di centinaia di clienti, con più di 500 prenotazioni accettate a fronte di una disponibilità di sole 40 camere. Un buco da oltre 800 mila euro per la società intestata al torinese Marco Giordano

“Il mio cliente è solo una pedina — assicura il legale Massimiliano Orrù del Foro di Rimini. È stato manovrato da soggetti che lo hanno convinto ad aprire decine di conti all’estero, ma lui non ha mai visto una lira. È una persona così ingenua che chiunque se lo trovasse davanti capirebbe all’istante di avere di fronte solo un personaggio di facciata. Aspetto di conoscere le contestazioni a suo carico”.

Lui, Giordano, operaio alla Stellantis, non si presenta al lavoro da quattro mesi: e cioè da quando, nel maggio scorso, è diventato il legale rappresentante di un’impresa individuale che tuttavia risultava piuttosto affollata. Sono diverse le figure che hanno orbitato attorno all’hotel Gobbi: c’è Giuseppe Sorrenti, presunto braccio destro di Giordano, che è stato accusato da diversi messaggi su WhatsApp inviati in contemporanea dall’account ufficiale del Gobbi ai turisti truffati, e che a sua volta — come riportato dal Corriere di Romagna — tira in ballo due sedicenti truffatori già noti per un raggiro analogo compiuto l’anno scorso in un hotel di Cattolica.

Non solo. Compare poi il personaggio di Aya El Imrani, 25enne marocchina, contabile e receptionist, a cui andavano intestati i bonifici sui conti italiani e irlandesi: sempre sulla app di messaggistica si difendeva dagli strali dei turisti sostenendo di “essere stata messa in mezzo in una grossa truffa da parte di chi ha fatto mettere tutto a mio nome e poi è scappato con i soldi”. 

E infine Andrea Meli, gestore e tuttofare dell’ultima ora, colui che sul gruppo Facebook dei truffati (più di 800 membri) tentava di rasserenare gli animi ripetendo di essere stato «l’unico a metterci la faccia»: e che però, sostengono i truffati, “si negava al telefono, non rispondeva alle richieste di rimborso via mail e anzi chiedeva nuovi pagamenti in contanti perché doveva comprare il cibo per rifornire le cucine”.

“A me hanno spillato 1.190 euro — racconta Maria Marseglia, di Milano — volevano il pagamento anticipato entro 24 ore e ci sono cascata”. E ancora: “Mia mamma è invalida, e mi aveva chiesto di passare qualche giorno al mare — tuona il pavese Nicola Buonaluce —. All’inizio mi è stato chiesto di versare la metà del saldo su un conto lituano, presso la Revolut Bank Uab. Mi sono insospettito e ho contattato la struttura. La signora El Imrani mi ha chiesto di intestare a lei un bonifico di 500 euro su un altro conto, aggiungendo che ‘il vecchio Gobbi non c’è più’”. 

A quel punto la beffa è servita: “Non ricevendo riscontri ho richiamato la struttura. Un uomo mi ha detto che il pagamento era da rifare. Ho contattato i carabinieri, che mi hanno spiegato il raggiro. Per pura curiosità ho telefonato un’altra volta: mi ha risposto una terza persona, che mi ha assicurato che le camere c’erano. Bastava pagare di nuovo”

Nel frattempo, nella notte del 18 agosto dall’account WhatsApp dell’hotel Gobbi è stato creato un gruppo che include centinaia di turisti raggirati, entrativi a far parte a loro insaputa. La chat è stata avviata da un tale “Michael”, presentatosi come un dipendente. “A breve verrete tutti rimborsati — si legge nel primo messaggio — inviatemi i dettagli di iban e carte di credito”. 

La corrispondenza prosegue: diversi gli sberleffi ai raggirati, presi in giro anche per il loro aspetto fisico. A un certo punto i toni si fanno inquietanti: “Vieni adesso all’albergo, l’hotel è chiuso e siamo da soli — la risposta a una cliente che chiedeva spiegazioni — non portare i bambini e non chiamare la polizia”. Un vero e proprio giallo.