"Scudo erariale” contro "doppio binario”: la responsabilità risarcitoria verso la Pa

L’unico limite è che le Amministrazioni non potranno venire risarcite due volte per il medesimo danno.

di Marco Palieri*
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Sindaci con la fascia tricolore
Cronache

 

Da qualche tempo si va facendo strada la narrazione secondo cui vi sarebbero schiere di amministratori e dipendenti pubblici che – pur essendo onesti, professionali e desiderosi di fare il bene del Paese e dei cittadini – resterebbero inoperosi o, comunque, sarebbero eccessivamente prudenti, perché intimoriti dalle possibili conseguenze personali, in sede penale o erariale. La c.d. “paura della firma”.

L’abnorme e crescente numero di leggi e regolamenti, spesso dal contenuto poco chiaro; orientamenti giurisprudenziali talvolta contraddittori; l’inesperienza di alcuni amministratori; la preparazione approssimativa di alcuni dipendenti e la demotivazione di quelli che fanno il proprio dovere; una diffusa malamministrazione; non sarebbero fra le cause principali di questo stato di cose, e, comunque, sarebbe troppo lungo e complicato porvi rimedio.

La soluzione escogitata quindi dal legislatore (di vario colore politico, si badi) è stato quello di sprigionare tali presunte energie positive attraverso una serie di interventi che hanno ridotto, se non addirittura eliminato (come accaduto recentemente, con l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio), i profili di responsabilità personale di amministratori e dipendenti pubblici. Come tutto questo possa conciliarsi con i preoccupanti livelli di corruzione percepita, con le allarmanti notizie di indagini e arresti, con il grave spreco di risorse pubbliche e, in generale, con la diffusa insoddisfazione e sfiducia dei cittadini e delle imprese, resta poco chiaro, ma tant’è.

Uno degli interventi di liberazione dalla paura della firma è stato quello del famigerato “scudo erariale” introdotto con decretazione d’urgenza (si era in tempi di emergenza COVID) dal Governo Conte II. Infatti, con l’art. 21, comma 2, del d.l. n. 76 del 16 luglio 2020 – poi convertito, con modificazioni, con leg. n. 120 del 2020 – si prevedeva che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità era limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta.

Tale limitazione di responsabilità non valeva per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente. Tradotto: amministratori e dipendenti pubblici potevano essere chiamati a rispondere davanti alla Corte dei Conti dei danni da loro causati solo in caso di dolo. Banalizzando, dovevano averlo fatto apposta (e, naturalmente, occorreva provare in giudizio che avevano voluto farlo apposta). Era invece esclusa la colpa, anche se grave, In pratica: neppure la negligenza più inescusabile sarebbe stata sufficiente per essere chiamati a rispondere in sede contabile.

La colpa grave, esclusa per le azioni, continuava a valere invece per le omissioni e i ritardi. In definitiva, era più prudente fare qualcosa, anche se sbagliata, che non fare nulla, e questo avrebbe dovuto stimolare la solerzia dei pubblici funzionari. Originariamente, questo parziale “scudo erariale” doveva valere solo per pochi mesi, e, precisamente, sino al 31 luglio 2021.

Se non che, il termine finale è stato poi ripetutamente prorogato, dapprima, al 30 giugno 2023, dal Governo Draghi; poi al 30 giugno 2024 e, infine (per ora, s’intende), al 31 dicembre 2024, dall’attuale Governo Meloni. Pochi giorni fa, in data 16 luglio 2024, con la sentenza n. 132, la Corte Costituzionale – pur riconoscendo che molti dei dubbi di incostituzionalità sollevati erano plausibili – ha ritenuto, per varie ragioni, che lo “scudo erariale” sia legittimo. Secondo la Consulta, in estrema sintesi, il legislatore può variamente modulare la responsabilità amministrativa, con il solo limite dell’irragionevolezza e arbitrarietà della scelta.

Limite che, nel caso di specie, non poteva considerarsi superato alla luce del carattere provvisorio e temporaneo dello “scudo” e delle eccezionali circostanze ed esigenze che lo avevano ispirato, come il rilancio dell’economia fiaccata dall’emergenza COVID e la necessità di attuare tempestivamente le misure previste dal PNRR.

La Corte, pur auspicando una riforma complessiva della responsabilità amministrativa (riforma peraltro già “in cottura”: disegno di legge C/1621, c.d. Foti), e dando anche indicazioni in tal senso, ha affermato che la limitazione della responsabilità erariale al solo dolo, con esclusione della colpa grave, non potrebbe più essere considerata conforme alla Costituzione qualora si trasformasse da straordinaria e provvisoria in ordinaria e definitiva.

Se non che, ci potrebbe essere ancora una speranza (o un timore, a seconda dei punti di vista, del danneggiato o del danneggiante) per le Pubbliche Amministrazioni di ottenere il risarcimento dei danni causati dalle azioni colpevolmente poste in essere da amministratori e dipendenti durante lo “scudo erariale”, ed è rappresentata dal c.d. “doppio binario”.

Infatti, e nonostante alcune critiche, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, le Pubbliche Amministrazioni possono autonomamente agire in sede civile per il risarcimento dei danni causati dai propri amministratori e dipendenti.

Secondo questa autorevole giurisprudenza, la responsabilità erariale e la responsabilità civile sono strumenti giuridici diversi ed autonomi, soggetti ad una diversa disciplina, sostanziale e processuale. Dunque, potrebbe ben accadere che gli stessi soggetti vengano chiamati a rispondere dei medesimi danni in diverse sedi processuali, davanti al giudice ordinario e davanti al giudice contabile. L’unico limite è che le Amministrazioni non potranno venire risarcite due volte per il medesimo danno.

Le somme eventualmente ottenute in sede contabile andranno decurtate dalle somme ottenute in sede civile (o viceversa). Un problema, questo, che, con lo scudo erariale, che inibisce o circoscrive l’azione di responsabilità erariale, sarebbe comunque marginale, visto che il risarcimento dei danni causati, in pendenza dello “scudo erariale”, da azioni poste in essere con colpa grave potrebbe essere chiesto solo in sede civile. E l’azione risarcitoria davanti al giudice civile potrà essere fatta anche in termini più efficaci e satisfattivi di quelli del giudizio davanti alla Corte dei Conti.

Ad esempio, in sede civile, non varrà l’esclusione della colpa grave, sia per le azioni che per le omissioni e i ritardi. Anzi, potrebbe anche sostenersi, come suggeriscono alcuni autori, persino una responsabilità per colpa lieve e non solo per colpa grave. E non è finita. L’Amministrazione potrà chiedere il risarcimento dei danni patiti nel termine di prescrizione di dieci anni, e non di cinque.

La responsabilità risarcitoria (salva la rinuncia all’eredità) sarà trasmissibile agli eredi del danneggiante senza le limitazioni della giurisdizione contabile, dove gli eredi rispondono solo in caso di illecito arricchimento del loro dante causa.

L’onere probatorio potrà essere soddisfatto in tutti i modi previsti dal codice di procedura civile, e ci si potrà avvalere anche delle presunzioni proprie della responsabilità contrattuale, in cui la colpa del debitore (cioè del danneggiante) può essere presunta. Il risarcimento potrà essere integrale, senza le eventuali decurtazioni derivanti dall’esercizio del potere riduttivo o del giudizio abbreviato davanti al giudice contabile.

La responsabilità dei componenti degli organi collegiali sarà esclusa solo per quelli di loro che avranno formalizzato il proprio dissenso dalla decisione, contrariamente a quanto avviene in sede contabile dove è sufficiente non votare a favore per non rispondere delle conseguenze dannose della decisione.

L’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali e l’irresponsabilità degli organi politici in buona fede non potrà essere opposta davanti al giudice civile. In definitiva, la partita risarcitoria è tutt’altro che chiusa. Resta solo da verificare se gli amministratori in carica sapranno agire, a doverosa tutela delle casse pubbliche, per il risarcimento dei danni anche a costo di andare contro i loro predecessori ovvero contro i dipendenti o ex dipendenti dell’ente.

*Avvocato amministrativista e dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia. www.marcopalieri.it