Separazione e figli, la casa può andare alla moglie anche se possiede un altro immobile

Il giudice nel provvedimento non tiene in considerazione le disponibilità economico-patrimoniale dei coniugi ma del solo interesse del figlio non ancora autosufficiente

di Sara Severini
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Separazione e divorzio, ecco come funziona l'assegnazione della casa familiare: "L'unico vero interesse è tutelare i figli"

Egr. Avvocato,

mi sto separando da mia moglie e abbiamo una figlia minorenne. Io sono il solo proprietario della casa dove viviamo, questa verrà assegnata a mia moglie anche se lei è proprietaria di un altro appartamento in città?

Risposta

Nel procedimento di separazione o di divorzio il giudice dovrà adottare un provvedimento per l’assegnazione della casa familiare a uno dei coniugi, il tutto con il solo interesse di assicurare ai figli la continuità e la stabilità dell’ambiente domestico in cui sono cresciuti. 

Pertanto, il principio su cui basa la propria decisione il giudice è proteggere l’interesse dei figli, così come anche confermato nella formulazione dell’art. 337 sexies c.c., il quale stabilisce che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.

Si precisa che per “casa familiare” la giurisprudenza è consolidata nel farvi rientrare non solo l’immobile in cui si svolge la vita familiare, ma anche i mobili, gli arredi, i servizi e le pertinenze. Restano esclusi solamente i beni strettamente personali (Cass. n. 7865/1994).

Tendenzialmente, la casa familiare viene assegnata al genitore che ottiene il collocamento dei figli. Inoltre, la giurisprudenza è concorde nell’affermare che non sia necessaria la minore età dei figli per l’assegnazione della casa familiare, purché gli stessi non siano autosufficienti per motivi non imputabili a loro e convivano con i genitori (Cass. n. 1198/2006).                      

Nel caso in cui, invece, l’affidamento risulta essere congiunto, il giudice dovrà tenere in considerazione il titolo di proprietà e i diritti di ciascun coniuge sull’immobile. Di solito, la casa viene assegnata al coniuge presso cui i figli vivono principalmente (coniuge collocatario prevalente).

Ne consegue che, in mancanza di figli il giudice non può disporre l’assegnazione dell’abitazione al coniuge più “debole”. Tale squilibrio economico-patrimoniale verrà tenuto in considerazione circa l’ammontare dell’assegno di mantenimento ovvero dell’assegno divorzile.

Infine, si evidenzia che l’assegnazione può essere revocata se l’assegnatario cessa di abitare stabilmente nella casa familiare, o conviva more uxorio, o contragga nuovo matrimonio. Così come, può essere richiesta la revoca dell’assegnazione, anche quando cessa la convivenza dei figli con il genitore assegnatario in  maniera definitiva e irreversibile (sent. 14348/2012).

In conclusione, il giudice nel provvedimento di assegnazione della casa familiare non tiene in considerazione le disponibilità economico-patrimoniale dei coniugi ma del solo e prioritario interesse del figlio minore e/o maggiorenne non autosufficiente.

*Avvocato

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