Sharon, la testimone: "Gridava aiuto, poi l'ho vista crollare di schiena. Usciva sangue e..."

La sorella del killer: "Tutti sapevano che era pericoloso, ma nessuno ha fatto nulla". La pista della premeditazione

di redazione cronache
Tags:
sharon verzeni

Moussa Sangare

Cronache

Omicidio Sharon, le "prove" dell'omicidio sul cartonato con la faccina e sulla statua

Emergono nuovi dettagli sull'omicidio di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa a coltellate a Terno d'Isola nella Bergamasca. Il killer, Moussa Sangare, ha confessato tutto e stamattina nel primo interrogatorio dopo l’arresto, dovrà iniziare a far luce sulle tante zone d’ombra ancora rimaste. Intanto esce allo scoperto una delle testimoni, la donna affacciata alla finestra che ha visto Sharon crollare a terra senza vita nella notte dello scorso 30 luglio. "Ho sentito - svela la donna al Tg1 - le sue grida d’aiuto". Una, due volte. "Solo che la seconda era un lamento più sofferente. Ero affacciata alla finestra e ho visto la ragazza crollare a terra. Di schiena, all’indietro". Le coltellate, quattro, non le hanno lasciato scampo. Sharon "si è rigirata sul fianco ed è rimasta in quella posizione. Poi ho visto il sangue che usciva".

Leggi anche: Sharon, il killer racconta gli ultimi momenti di vita: "Continuava a chiedere perché"

Nell’interrogatorio fiume della confessione, Sangare ha detto di aver ucciso Verzeni senza alcuna ragione: poteva essere lei, la vittima, come chiunque altro. Ma sono ancora molti gli aspetti che il 31enne, ora in carcere, dovrà chiarire. "Moussa Sangare non ha avuto nessun complice. Ha agito da solo". Inoltre, ha confessato che prima di uccidere Sharon — oltre che sulla sagoma di cartone che teneva in casa e su cui aveva disegnato una faccina — riporta Il Corriere della Sera - aveva "fatto delle altre prove con una statua di una donna che si trova nel parco di Terno". Circostanza che, se confermata, potrebbe provare la premeditazione.

"Ho avuto paura di morire anche io. Mio fratello ha tentato di uccidermi. Quello che ha fatto a Sharon poteva succedere a me. Ne sono convinta". Awa, sorella di Moussa Sangare, insieme col suo avvocato, racconta gli anni di violenze che lei e la madre hanno dovuto subire da parte del fratello. "L’avevamo denunciato tre volte ma nessuno ha fatto nulla per noi Sharon oggi sarebbe ancora viva. Tutti sapevano. Non è stato fatto nulla. Forse un accertamento sanitario andava richiesto. Nessuno si è presentato, nessuno ha controllato. Moussa viveva di notte, di giorno dormiva. Non lavorava, era disoccupato".