Stato mafia, Mancino si sfoga: "Io vittima di un teorema crollato"
"Sono stato volutamente additato ad emblema di una trattativa inesistente, relegato perciò per anni in un angolo"
"Sono stato vittima di un teorema che doveva mortificare lo Stato e un suo uomo. Sono stato volutamente additato ad emblema di una trattativa inesistente, relegato perciò per anni in un angolo. Non mi invitavano più neanche al Senato". Lo afferma, in un'intervista a 'la Repubblica', l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, assolto in primo grado dall'accusa di falsa testimonianza nell'ambito del processo sulla trattativa, commentando la sentenza della Corte d'assise d'appello.
"Alla fine mi è stata resa giustizia. Ma che sofferenza!". Nell'estate del 1992 "lo Stato venne colto di sorpresa - sottolinea Mancino - Col senno di poi dobbiamo ammettere che non era preparato. Dobbiamo aggiungere che da allora la lotta alla mafia è stata efficace". Gli attentati a Falcone e Borsellino, secondo l'ex ministro dell'Interno, "erano eventi non prevedibili".
Mancino è convinto che la classe dirigente della Prima Repubblica fece abbastanza contro la mafia: "In quella stagione inoltre c'erano già al governo uomini come Carlo Azeglio Ciampi e Giovanni Conso, che rappresentavano delle garanzie di democrazia". Dopo la sentenza Stato-mafia, riferisce Mancino, "ho pensato che il verdetto cancellava d'un colpo ciò che la Procura di Palermo aveva costruito in dieci anni di indagini. È crollato un intero castello d'accusa" e "trovo che abbia ragione il maestro Giovanni Fiandaca: i suoi allievi pubblici ministeri hanno preso una cantonata". sul pm Nino Di Matteo che in aula lo accusò di omertà istituzionale, Mancino conclude: "L'ho sempre ritenuto un giudizio ingeneroso. Di Matteo fu molto duro nei miei confronti, dopodiché non fece ricorso in appello in seguito alla mia assoluzione".