Strage di Erba, no alla revisione del processo. Tarfusser ad Affari: “Sentenza? Prova dell’arroganza del sistema giudiziario. Rosa e Olinda vittime collaterali"

Dopo che la Corte d’Appello di Brescia ha respinto la richiesta di revisione del processo, il sostituto procuratore generale di Milano rilascia un suo commento su Affaritaliani.it

di Cuno Tarfusser

Cuno Tarfusser,  Rosa e Olindo

Cronache

Strage di Erba, il Sostituto Procuratore di Milano Cuno Tarfusser attacca il sistema Magistratura 

“Ho dovuto far passare una notte prima di dire la mia altrimenti sarei stato subissato di querele. Un po’ come gli allenatori di calcio che non parlano dell’arbitro subito dopo la partite per evitare un pesante squalifica. Oggi dico che questa sentenza è la prova documentale, non certo l’unica, dell’arroganza del sistema giudiziario che, oltre a essere irresponsabile, si sente anche infallibile. Questa sentenza è la negazione della Giustizia se, come io penso, chiunque esercita una funzione giudiziaria deve costantemente coltivare il dubbio. A maggiore ragione se in gioco è la libertà personale delle persone”, è questo il commento a caldo del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser rilasciato ad Affaritaliani.it dopo che la Corte d'Appello di Brescia ha respinto la richiesta di revisione del processo sul caso Erba. 

“Questa sentenza - prosegue Tarfusser - pur di affermare l’infallibilità dei giudici, viola basilari principi di civiltà, prima ancora di principi di diritto quali l’indubio pro reo e quello secondo cui una condanna può conseguire solo “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Perché, comunque la si pensi, di dubbi questa processo è intriso”. 

“Questa sentenza incredibilmente, sottolinea ancora Tarfusser, capovolge i paradigmi delle fonti del diritto attribuendo forza normativa superiore ad un “documento organizzativo” interno all’ufficio (né più, né meno di regolamento condominiale) alla Carta Costituzione e alle leggi. Questa sentenza pur di arrivare alla conclusione dell’inammissibilità delle revisioni sostiene cose semplicemente non vere, preferendo adagiarsi su luoghi comuni e su affermazioni non provate che hanno permeato tutto il procedimento ma che non diventano più vere solo perché ripetute ossessivamente. La difesa del fortino a tutti i costi, anche a costo della vita di due probabili non colpevoli”. 

“Ho però anche il più che fondato timore che questa sentenza sia diretta conseguenza della fatwa che il potere giudiziario, ovvero la perversa correntocrazia, ha lanciato nei miei confronti e che i due poveracci siano delle vittime collaterali, evidentemente sacrificabili. Questa avversione nasce dal fatto, insopportabile dall’establishment giudiziario, che sono l’unico capo di un ufficio giudiziario, ad avere dato prova con i fatti che una gestione efficiente ed efficace della giustizia è possibile, che da vent’anni critica pubblicamente questo perverso sistema di gestione della giurisdizione, che ha ripetutamente sostenuto il fallimento dell’autogoverno dei magistrati che sforna capi di ufficio che, quando va bene, sono inadeguati ma che hanno il merito della fedele appartenenza ad una delle correnti (rectius: sette) e l’attitudine di sapersi piegare a 90 gradi ogni volta che serve”, sottolinea ancora Tarfusser. 

“Da ultimo voglio rendere pubblico un fatto, una notizia sfuggita ai più, che forse merita una qualche riflessione: la giudice relatrice della sentenza che ha messo un veto alla revisione, è la stessa giudice relatrice della sentenza di primo grado a carico di Giulio Bossetti. Concludo con un ossimoro: sono amareggiato di essere contento di non far più parte di un ordine giudiziario, cui ho dato tutto me stesso, ma in cui non mi riconosco più”, conclude il sostituto procuratore generale di Milano Tarfusser.

A cura di Franco Pasqualetti

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