Strage Varese: cacciavite, trapano e martello. Moglie e figlia massacrate così
Alessandro Giovanni Maja non aveva amici, viveva di casa e lavoro. Gli scatti d'ira di un uomo solitario. Il ritratto del killer
Strage Varese, gli scatti d'ira di un uomo solitario senza amici
La strage di Varese si è consumata alle quattro di notte di martedì scorso, quando l'architetto Alessandro Giovanni Maja ha disposto sul tavolo le armi casalinghe della pianificata carneficina e uscita di scena: un cacciavite, un martello, un trapano e un coltello. Così ha ucciso moglie e figlia e ferito gravemente il primogenito. L’urlo in strada: "Finalmente ci sono riuscito". Del poco loquace Maja, uomo facile ad adirarsi per nulla, - si legge sul Corriere della Sera - dev’essere isolata una frase. Questa: "Mi salvano i cinesi, pagano subito e in contanti".
Ma il suo non era un problema di soldi. Il «problema», sempre nella sua prospettiva,- prosegue il Corriere - era la famiglia. Nelle rare confidenze con i rari amici, eredità degli studi universitari, l’ennesimo assassino della provincia varesina blaterava di «ingratitudine». Della moglie, proprietaria dell’ottanta per cento di un fondo congiunto, costituito per un futuro sereno; e dei figli, che di quel fondo avrebbero beneficiato dopo aver già goduto di un’esistenza ricca e sicura. Maja ha maturato l’astio. La punizione totale, così ha coltivato il suo progetto. Poi avrebbe anche tentato di darsi fuoco ma senza riuscirci.