Trump e il video della "nuova Gaza" fatto con l'IA, l'esperto: "Può portargli consensi, ecco che cosa c'è dietro"

Parla Patrick Facciolo, esperto di comunicazione e star dei social: “Di spazio per stare tranquilli non ce n'è molto..."

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Trump e il video di Gaza fatto dall'IA, l'analisi di Facciolo: “Donald è: io posso e così collassano i contesti”

Trump e il video di Gaza: metafore banali e nessun valore alla simbologia. Poi contatto diretto col pubblico senza intermediazione, “Trump si comporta come un cittadino qualunque”. Patrick Facciolo, esperto di comunicazione, giornalista e dottore in tecniche psicologiche, ma anche influencer con 250 mila follower, analizza il video del presidente Usa sulla striscia di Gaza trasformata in una città di vacanze e conclude: “Qui di di spazio per stare tranquilli, non mi sembra ce ne sia poi molto”.

Facciolo, qual è il messaggio che secondo lei vuole dare Trump nel suo video in cui trasforma la striscia di Gaza, da tappeto di macerie, a nuova Dubai?

“Il messaggio di Donald Trump, anche se può sembrarci strano, è sempre lo stesso: “Io posso”. Niente regole formali, niente intermediazione da parte dei profili istituzionali, e contatto diretto col pubblico. Lui è il presidente, tuttavia ritiene di potersi comportare come un privato cittadino: riceve un video che lo fa ridere (nonostante la sua drammaticità), e ritiene di poterlo pubblicare sui social senza considerarne le conseguenze. Una clamorosa circostanza di “context collapse”, di collasso dei contesti, dove il comunicatore non si rende conto delle conseguenze serie che può avere una comunicazione di questo tipo”.

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E' possibile che The Donald si sia ispirato al profeta Geremia 30.31 nel quale si profetizza “li ricondurremo nel Paese che ho concesso ai loro padri e ne prenderanno possesso”…. "La città sarà ricostruita sulle rovine e il palazzo sorgerà di nuovo al suo posto”, come se fosse lui il Signore che restituirà definitivamente la terra agli Ebrei?

“Credo lei stia sopravvalutando il pensiero teoretico di Donald Trump. Il presidente Usa ha verosimilmente visto questo video (realizzato da altri), si è sentito al centro del mondo poiché in quel video viene rappresentato come se lui fosse per davvero il centro del mondo, e in funzione di questo l’ha ripubblicato. Trump è un politico iper-realista, non ragiona né sul simbolico né attraverso metafore. Centra la potenza della sua comunicazione sul valore d’immagine di ciò che pensa e che dice”.

Senta, da un punto di vista psicologico, con quali definizioni si può approcciare un profilo del presidente?

“È sempre difficile fare valutazioni di tipo psicologico su individui con cui non c’è un contatto diretto, e lo dico anche come alert per tutti quelli che si cimentano in avventure interpretative più grandi di loro. Ci sono tuttavia alcuni indicatori non verbali ricorrenti che si possono osservare nel linguaggio del corpo di Trump. Queste sono senz’altro la tendenza all’espansione del corpo nello spazio durante gli incontri pubblici (l’abbiamo visto anche in queste ore durante la conferenza con Macron), la tendenza alla dominanza non verbale, che analizzo da molti anni nelle mie analisi video - pensate ad esempio a quando solo pochi anni fa “pulì” la giacca dello stesso Macron a favore di telecamera, episodio a cui nel 2018 ho dedicato una lunga analisi ancora disponibile su YouTube.

Ma attenzione, perché tante volte la dominanza non verbale viene letta come un segnale di forza, mentre (l’ho fatto notare più volte anche a proposito di Silvio Berlusconi), potrebbe rappresentare invece un indicatore di disagio o di stress: il contesto mi opprime, e allora cerco di dominarlo in modo reattivo attraverso il linguaggio del corpo.

Allegorie, metafore, immagini e suggestioni. Quali le più evidenti e come vengono usate?

“Sono quattro parole ciascuna con significati diversi. Nel caso di Trump, come già dicevo, poche allegorie e metafore. Innanzitutto perché il linguaggio di quel video è concretissimo, salvo un passaggio del testo della canzone in sottofondo, che recita: "Donald Trump ti ha liberato / Portando la luce affinché tutti possano vedere”.

Una metafora piuttosto banale, e surreale nel contenuto (perlomeno per molti di noi addetti ai lavori, non per molti americani e per la “pancia” del paese tuttavia). Invece di immagini e di tentativi di suggestione ce ne sono tanti. Come dicevo, il linguaggio di Trump è molto concreto e diretto: si riferisce sempre a persone, cose e situazioni estremamente concreti”

C’è un segno di delirio di onnipotenza?

“Mi piace rispondere chiedendo io a lei se farci queste domande non ci serva in fondo a farci sentire in qualche modo meglio, più “in controllo” della situazione. Non sarà una classificazione nosografica (una definizione clinica, per intenderci), a salvarci dall’ansia che i comportamenti di Trump possono generare in noi”.

E sull'efficacia del messaggio qual è la sua valutazione?

“Donald Trump in questa fase è super efficace, anche perché il contesto è cooperativo con lui. Parla come la gente e pensa come la gente, in un circolo vizioso in cui non si capisce più chi alimenti chi. Se i cittadini vogliono bene a un leader, la sua comunicazione funziona anche quando il leader sbaglia, per numerosi bias cognitivi che sarebbe troppo lungo elencare qui. E in questo momento Donald Trump, coi suoi elettori, è ancora in luna di miele, benché comincino a vedersi le prime crepe, per esempio coi dipendenti della pubblica amministrazione. Detto questo, per completare la risposta, la comunicazione è efficace coi propri elettori finché quegli stessi elettori non li spaventi, e finché non li scontenti in maniera conclamata. Ecco, da lì potrebbe cominciare un processo di riduzione del consenso”.

Nel video ci sono errori clamorosi di comunicazione e tattiche di rilievo?

“Dipende se vuole una risposta basata su elementi razionali o irrazionali. Il video su Gaza, da un punto di vista strettamente razionale, è un errore clamoroso. Tuttavia, da un punto di vista irrazionale (e l’irrazionalità in questo momento è il parametro che governa la presidenza Trump, e numerose istanze dei suoi elettori) è un clamoroso esempio di "provocative marketing”, di marketing della provocazione. Può fargli bene in termini di consenso, male in termini di sicurezza nazionale e di potenziale di conflitti all’estero.

Basti tornare all’Italia, e all’esempio della famosa maglietta provocatoria indossata da un noto ministro italiano nel 2006, per ricordare che cosa successe a Bengasi, in Libia, con morti e feriti. Le parole e le immagini, specie quando affrontano temi delicatissimi, possono avere conseguenze serie e pericolose, e i politici troppo spesso sottovalutano questi aspetti. Una circostanza invece notevole (benché surreale) della comunicazione di Trump, sottovalutata da molti (e secondo me chiave del suo successo elettorale), fu il passaggio in cui sostenne in tv che a Springfield "mangiano i cani”. Una stupidaggine per il mainstream, una frase di potenza evocativa fortissima per il grande pubblico.

Un profilo del destinatario del messaggio?

“Impossibile. Come racconto da anni nelle mie attività di divulgazione, possono esistere opinioni variegate tante quanti sono i destinatari effettivi del messaggio. Anche questa tensione a voler ridurre e semplificare la complessità delle opinioni, la leggo come un ennesimo tentativo di “controllare” i fenomeni, e poterli raccontare così a noi stessi in modo più tranquillizzante. Ma qui, di spazio per stare tranquilli, non mi sembra ce ne sia poi molto”.

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