Turetta, la spiazzante versione dei giudici: "75 coltellate a Giulia Cecchettin? Non è segno di crudeltà"
Non un gesto improvviso ma un preciso piano omicida
Cecchettin, giudici: "Da Turetta arcaica sopraffazione, non ha tollerato la scelta di Giulia"
Filippo Turetta, condannato all'ergastolo per l'omicidio dell'ex fidanzata Giulia Cecchettin, non merita le attenuanti generiche "alla luce della efferatezza dell'azione, della risolutezza del gesto compiuto e degli abietti motivi di arcaica sopraffazione che tale gesto hanno generato: motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna, di cui l'imputato non accettava l'autonomia delle anche più banali scelte di vita". Lo scrivono i giudici di Venezia nelle motivazioni della sentenza di primo grado.
E' quando capisce di non avere più possibilità con Giulia Cecchettin che Filippo Turetta afferra il coltello - ne ha a sua disposizione almeno tre - e colpisce 75 volte. Non un gesto improvviso ma un preciso piano omicida, "che ha attuato pedissequamente passo dopo passo per quattro giorni fino all'efferata azione conclusiva. Non vi sono elementi fattuali in atti da cui desumere che in quei quattro giorni egli avesse avuto tentennamenti o avesse receduto da tale proposito criminoso ma, al contrario, è documentato come - anche mentre incontrava la persona offesa o discuteva con lei - egli continuasse ad apprestare con cura l'organizzazione dei mezzi e a predisporre nel dettaglio le modalità esecutive".
Il suo è un delitto (è l'11 novembre 2023) in tre atti, con una durata complessiva di circa venti minuti: aggredisce la compagna di università nel parcheggio di Vigonovo, a pochi passi da casa Cecchettin, poi la accoltella lungo il percorso verso Fossò, quindi la finisce nell'area industriale.
La ricarica in auto prima di disfarsi del cadavere dopo aver viaggiato per circa 100 chilometri, fino al lago di Barcis. Anche le azioni successive al delitto, scrivono i giudici di Venezia, dimostrano il "radicato proposito" di Turetta "il quale ha agito con spietata lucidità": ha spento il cellulare proprio e della vittima, ha nascosto il cadavere, si è cambiato d'abito e ha dato il via a "una tenace fuga attraverso l'Austria e la Germania per i successivi sette giorni. Tenacia e lucidità manifestate fino a mezz'ora prima del suo arresto, quando ha provveduto a cancellare l'intero contenuto del suo telefono".
Turetta per i giudici non confessa: "si è limitato ad ammettere solo le circostanze per le quali vi era già ampia prova in atti: d'altra parte, tale condotta è in linea con il contegno tenuto in sede di primo interrogatorio, quando egli non solo ha sottaciuto ma ha apertamente mentito in ordine a diverse, anche gravi, circostanze poi emerse a seguito delle accurate indagini svolte". L'apporto dato dall'imputato "è stato di fatto del tutto nullo".