Turetta, lo scopo è fare Giustizia non rieducare: serve una condanna esemplare

Occorre dare un segnale forte e chiaro che può essere l’occasione per far capire che questo tipo di delitti non sono più tollerati dalla società

Di Giuseppe Vatinno
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Giulia Cecchettin e Filippo Turetta
Cronache

Filippo Turetta: serve una condanna esemplare

Ieri è stato il giorno dell’interrogatorio -durato ben 9 ore- per Filippo Turetta, che è reo confesso del femminicidio di Giulia Cecchettin. Una tirata lunghissima, senza neppure il tempo per pranzare, alla presenza degli avvocati, del Pm e di due carabinieri.

Carcere di Verona ore 11, sembra il titolo di un film degli anni ‘70. Inizia l’interrogatorio e si riavvolge il nastro a quel sabato 11 novembre, quando Turetta va insieme a Giulia a cenare ad un Mc Donald’s, poi il ritorno a Vigonovo e l’inizio dell’incubo con l’aggressione in via Aldo Moro, vicino alla casa dei Cecchettin.

Poi la seconda aggressione con l’inseguimento, nell’area industriale di Fossò, a 6 km di distanza. Poi le coltellate al collo, di cui una in particolare, fatale. In una ventina di minuti si consuma il dramma. Tuttavia, alla domanda specifica del perché, cioè del movente, non parla.

L’unica dichiarazione è quel “non so cosa mi sia scattato” che apre la strada al gesto d’impeto, un raptus, quindi senza quella premeditazione che farebbe scattare l’ergastolo. A quanto filtra gli sono stati poi domandati i dettagli della fuga in Germania con dei “non ricordo” significativi di una possibile strategia difensiva che punta alla semi infermità di mente.

C’è da dire che il riserbo degli inquirenti è assoluto. L’unica cosa certa è che Filippo ha confessato il delitto ma ora si gioca tutto sulle aggravanti che possono o no significare, come detto, l’ergastolo oppure una pena a tempo.

Questo per la parte, come dire, tecnica. Poi però c’è da considerare il mood dell’opinione pubblica. Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha prodotto una enorme impressione, di molto superiore ai casi precedenti. Ha prodotto sabato scorso una mobilitazione a Roma di 500.000 donne. E pur nell’ovvio rispetto delle fasi processuali e della legge, occorre dare un segnale forte e chiaro che può essere l’occasione per far capire che questo tipo di delitti non sono più tollerati dalla società.

Già gli avvocati dei Cecchettin hanno messo in guardia sulla possibile strategia di farlo passare per “pazzo” e se accadesse sarebbe come uccidere per una seconda volta la povera Giulia, perché non risulta, come ha detto la sorella Elena, che si tratti di “un mostro malato” ma di una persona sana. Cioè, chi lo conosce bene non ha mai riscontrato comportamenti tali da far pensare addirittura ad uno stato di semi infermità mentale, pur avendo riscontrato indubbiamente aspetti di morbosa ossessività dopo la fine del rapporto.

Dopo che è stato rimandato a casa un femminicida (57 coltellate) condannato a 30 anni perché obeso, caso abbastanza eclatante che ha prodotto molte proteste, non vorremmo poi assistere al bis. Del resto Filippo ha detto di voler pagare: accontentiamolo.

Da troppo tempo i cittadini assistono ad una giustizia che spesso non funziona, che non punisce i colpevoli, che tollera l’intollerabile, si veda le borseggiatrici protette o gli occupatori abusivi di case, o i ladri che finiscono in prescrizione. La gente è stufa. La gente non capisce. Il tutto in nome di una “rieducazione” costituzionale che si è trasformata in ingiustizia perché ci si è dimenticati che lo scopo principale è quello della Giustizia e non quello della rieducazione.