"Il quadro di Raffaello non si vende? Bruciamolo".47 anni dal furto del secolo
Dopo 47 anni, l'episodio rimane ancora nella mente degli italiani. Quando un ladro rubò tre opere di Raffaello e Piero Della Francesca
Urbino, 47 anni dal "furto del Secolo"
E’ la notte tra il 5 e il 6 febbraio del 1975. Qualcuno nell’ombra utilizza le impalcature del Palazzo Ducale di Urbino per passare dalla strada al Giardino Pensile. Di lì entrare nella sala che ospita capolavori tra i più noti al mondo - La Muta di Raffaello, la Madonna di Senigallia, La Flagellazione di Piero della Francesca - è un gioco da ragazzi, anche per un ladro improvvisato come Elio Pazzaglia, falegname di Pesaro che, proprio per la sua inesperienza nel campo del crimine, non aveva capito che piazzare sul mercato nero le opere dei due artisti rinascimentali sarebbe stato impossibile.
Ma il colpo riesce alla perfezione. I giornali di tutto il mondo parlano del furto del secolo, anche se lo sgomento è grande: nessun impianto d’allarme, totale assenza di telecamere. A vigilare sui tesori più preziosi della Galleria Nazionale delle Marche, un tempo dimora di Federico da Montefeltro, solo un vigilante. È proprio lui a dare l’allarme durante il suo giro di controllo. Quella notte, all’improvviso, la torcia svelò quanto fosse stato ingenuo chi aveva lasciato i quadri in balia del primo ladro improvvisato.
Subito dopo il fatto, le autorità, ancor prima di organizzare le forze per tentare di recuperare i tre quadri, si rivolsero a chi li aveva portati via, raccomandandosi di non toccare con le mani la superficie delle opere. E di proteggerle con il velluto. A dare il primo indizio ai carabinieri è una ragazza che si insospettisce quando, proprio dopo il colpo, viene mandata a comprare panni di velluto in abbondanza dal fidanzato. I dubbi per quella insolita richiesta sono troppi.
Confida i suoi sospetti alla madre e poi, insieme, ne parlano con un maresciallo dei carabinieri in pensione amico. Le indagini battono quella pista, intanto, però, i tre quadri volano all’estero, in Svizzera, dove - anche lì - i complici del falegname non riescono a piazzare la refurtiva al punto di pensare di distruggere quel malloppo così scottante. È a quel punto che un antiquario, d’accordo con gli investigatori, lì fa desistere e li convince che ancora c’è una possibilità di ottenere danaro.
Prima una vendita ad un compratore interessato, poi un riscatto che l’Italia sarebbe stata disponibile a pagare. È solo un bluff. Il 23 marzo 1976 - è passato poco più di un anno dal furto del secolo - i tre capolavori vengono recuperati in un albergo di Locarno dove i criminali finiscono in trappola. Ora sono tornati nella loro casa, nel meraviglioso palazzo. Dove sono visibili ai visitatori, ma protetti da telecamere e impianti antifurto a prova di Arsenio Lupin.