Femminicidio Vanessa Ballan, Viglione: "Procure oberate e poca formazione"
La Procuratrice capo di Ivrea, Gabriella Viglione, commenta il femminicidio di Vanessa Ballan e le lacune delle Procure italiane. Intervista
Vanessa Ballan, la Procuratrice Viglione: "Procure oberate e poca formazione. Ecco cosa bisogna fare". L'intervista di Affari
L’ha ammesso anche il Procuratore capo di Treviso, Marco Martani: “Non valutammo il caso di Vanessa Ballan come urgente”. Urgente. Una parola che ricorre spesso nel lessico giuridico, ma che – specialmente in relazione a fattispecie delicate come quelle da “Codice rosso” - ha ancora i contorni troppo sfumati. Così che anche la 27enne incinta del secondo figlio e morta per mano del suo stalker non ha avuto scampo.
Che sia troppo tardi per Vanessa è chiaro come il sole, così come per Giulia Cecchettin e le moltissime donne uccise da compagni, ex, mariti in preda a un “delirio” possessorio. Ma che, almeno in questo caso, qualcosa si sia inceppato nella macchina della giustizia, è meno dubbio. Può una valutazione (col senno di poi) errata da parte di un magistrato trovare ancora spazio al giorno d’oggi? Cosa si poteva e doveva fare di diverso per salvare Vanessa? “Non recatevi all’ultimo appuntamento chiarificatore. Interrompete ogni rapporto. Denunciate” si sentono spesso dire le donne vittime di femminicidio. Comportamenti che la 27enne veneta aveva tenuto, ma senza risultato.
C’è davvero una responsabilità esterna (della Procura, delle Forze dell’Ordine, del “sistema”)? Affaritaliani.it ne ha parlato con la Procuratrice capo di Ivrea Gabriella Viglione.
Procuratrice, parliamoci chiaro. Il Pm che ha ricevuto la segnalazione di Vanessa Ballan doveva fare diversamente?
Non posso sostituirmi al collega, ogni Pm fa le sue valutazioni, e sicuramente sia il Pm sia la Polizia giudiziaria possono sbagliare. Ma ma quello che posso dire è che è difficile, con una prima segnalazione fatta, avanzare una prognosi.
Riceviamo tantissime segnalazioni con lo stesso indice di gravità, perché non si tratta di reati come gli altri. Certamente nel caso di precedenti specifici si può stare più o meno attenti… ma tutti gli altri sono una bomba innescata, e magari si tratta di persone che prima di allora non hanno mai commesso un reato. Per esempio nel caso Cecchettin: se anche Giulia avesse denunciato Filippo, si trattava di due ragazzi di cultura superiore, di ambiente familiare regolare, normo-inseriti, senza nessun precedente né loro né familiare, nessuna tossicodipendenza … come avrei potuto pensare che fosse più pericolosa di altre segnalazioni x che ricevo, magari con precedenti?
Quindi ribadisco, nel caso di precedenti specifici si può stare più o meno attenti… dopodiché si salvi chi può!
In che senso scusi?
Ci sono moltissimi aspetti che ancora non funzionano, come per esempio i termini contingenti che i Pm hanno per esprimere una valutazione. Dall’iscrizione della notizia di reato, per chiedere un’eventuale misura ci sono a disposizione 30 giorni. Però in questi giorni è necessario che la Polizia giudiziaria abbia esaurito tutti gli accertamenti, e non è facile. Inoltre noi non facciamo solo un fascicolo, ma migliaia! E moltissimi sono targati “Codice Rosso”.
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Noi cerchiamo di raccogliere i segnali di maggiore pericolosità, e a questo serve l’escussione immediata della persona offesa… episodi precedenti, conoscenza di situazioni analoghe, facilità all’uso delle armi, violenze pregresse, episodi di perdita di controllo…
A proposito della legge “Codice rosso” Lei cosa ne pensa? Funziona?
Ribadisco un concetto: senza risorse non si fanno le riforme. Alle persone non si può chiedere quello che non possono dare. E anche quando arrivano le segnalazioni, le mail, io non sono certa che vengano scaricate in tempo reale.
E le nostre risorse (della Procura e della Polizia giudiziaria, ndr) sono sempre le stesse, nessuna in più. Siamo assediati, e ogni incombenza (dalla ricezione della segnalazione telefonica, a quella via mail alle deleghe) richiede il suo tempo.
Mi sta parlando di un eccesso di burocrazia?
In realtà non definirei burocrazia il fatto che bisogna fare indagini e procedimenti. È una tutela per tutti i cittadini, sia denunciati che offesi.
Forse si può agire sulla formazione professionale dei magistrati? Vi sentite ancora impreparati?
Il Csm propone dei corsi, ma non sono obbligatori… li abbiamo fatti e li facciamo, ma sono molto teorici, e quando hai mille fascicoli sul tavolo bisogna selezionare. Il sistema ideale, poi, è che siano sentite da noi tutte le persone offese, mentre molto spesso deleghiamo alla Polizia giudiziaria, perché fisicamente non saremmo in grado.
Specializzazione dei giudici? Quelli sono. Forse quando fanno le riforme pensano al Tribunale di Roma, a quello di Napoli… non quelli minori dove necessariamente tutti fanno tutto, altrimenti non ci si salva… e anzi, non ci si salva neppure così.
Non permane, nella magistratura e all’interno delle Forze dell’Ordine, anche un problema “culturale”
Tutti noi, anche chi segue questa formazione, siamo impregnati di una cultura patriarcale… al di là della scienza e della coscienza e della formazione siamo cresciuti con questo imprinting che ci condiziona ancora tutti.
Ma – faccio come esempio il caso del presunto stupro commesso da Ciro Grillo – bisogna fare i conti con il fatto che il sistema processuale si è evoluto in modo molto garantista, e che questo consente/impone al difensore dell’indagato di fare di tutto per screditare la persona offesa. Questa scelta di garanzia, civiltà giuridica dà poi luogo a tutti i commenti che abbiamo letto. È chiaro che da un punto di vista sociologico è aberrante, dal punto di vista giudiziario processuale – purtroppo – se si parla di violenza sessuale sono quei dettagli che devono essere chiesti. Altrimenti il processo non si fa.
Ma nel caso di una Vostra “sottovalutazione” che altri mezzi ci sono per procedere?
Nell’urgenza, e in flagranza di reato, la polizia può intervenire, ma è anche vero che spesso mancano gli indizi per la misura della custodia cautelare in carcere. Altrimenti diventiamo uno Stato autoritario che decide che una persona deve andare in carcere e ce la manda. Invece siamo in uno Stato di diritto… chiaro che con il senno di poi è molto facile fare un’analisi negativa, quando in partenza magari gli elementi non ci sono.
Anche perché a volte ci si lamenta del contrario… insomma non è semplice conciliare la tutela della persona offesa giusta (efficace e tempestiva) con il giusto processo e la raccolta delle misure necessarie per una misura cautelare. Quest’ultima deve essere supportata da dati probatori e meditata.