Yara, istanza di Bossetti rigettata: "Ha vinto il buon senso", "Caso chiuso"
Il legale della famiglia Gambirasio e la psicologa forense e criminologa Bruzzone commentano il rigetto dell'istanza avanzata da Massimo Bossetti
Caso Yara, l'istanza di Bossetti rigettata. Il legale dei Gambirasio: "Hanno vinto buon senso e diritto"
“L’unica cosa che posso dire è che hanno vinto il buon senso e il diritto. E lo dico lapidariamente, in risposta a quanto commentato dall’avvocato Claudio Salvagni”. A parlare con Affaritaliani.it è Andrea Pezzotta, uno dei legali della famiglia di Yara Gambirasio, la 13enne rapita e uccisa nel 2010, per il cui omicidio è stato condannato all’ergastolo in tre gradi di giudizio il muratore di Mapello Massimo Bossetti, individuato dopo una lunga indagine e "incastrato" dalla cosiddetta prova regina del Dna.
Proprio in data odierna è stata giudicata inammissibile dalla Cassazione l’istanza con la quale i legali di Bossetti chiedevano di poter analizzare i reperti dell’indagine che portò prima all’arresto e poi alla condanna. Già una precedente decisione dei giudici aveva stabilito questi potessero essere solo visionati ma gli avvocati del muratore, Claudio Salvagni e Paolo Camporini intendevano sottoporre a nuovi accertamenti le provette di Dna e anche gli indumenti della giovane vittima (leggings, slip, scarpe, felpa e giubbotto).
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Caso Yara, l'istanza di Bossetti rigettata. La ricostruzione del processo in un libro di Bruzzone-Laura Marinaro
“Il potere vince sempre - è stata la dura reazione di Claudio Salvagni, legale di Bossetti – In quei reperti c'è qualcosa che noi non possiamo accertare: c'è la risposta che Massimo è innocente". Affermazioni non condivise da chi rappresenta gli interessi della famiglia Gambirasio, ma non solo. Ad aver sempre sostenuto la colpevolezza del muratore di Mapello c’è anche Roberta Bruzzone, psicologa forense e criminologa investigativa, autrice insieme a Laura Marinaro del saggio “Yara. Autopsia di un'indagine” (edito da Ugo Mursia Editore, 204 pagine, 17 euro). “Non ci aspettavamo alcun tipo di esito diverso – ha commentato su Affaritaliani.it proprio Bruzzone - Riteniamo che si trattasse di una richiesta priva di fondamento, quindi giustamente rigettata. Non ci sono elementi che possono scalfire l’impianto accusatorio validato in tre gradi di giudizio. L’accesso ai reperti come ricognizione sicuramente era qualcosa che si poteva ipotizzare, ma l’accesso come analisi è una faccenda che in assenza di uno scenario portato realisticamente a mettere in discussione la condanna è totalmente impossibile”. E ancora: “Non comprendo questa ostinazione, il caso è chiuso e speriamo che sia davvero l’ultimo capitolo”.
E a proposito di capitoli, pubblichiamo quella che è l'appendice del libro di Bruzzone e Marinaro, ma che forse è uno dei capitoli più interessanti e che pone una lapide anche su un altro elemento spesso richiamato dalla difesa di Bossetti, ossia la presunta cattiva "conservazione" dei campioni di Dna raccolti.