Alto Adige d’artista: intervista al pittore e scultore Luis Seiwald

Seiwald: “L’argilla della valle è tra le più antiche al mondo e possiede proprietà benefiche che sembrano trasmettersi dai manufatti agli esseri umani”

di Chiara Giacobelli
Culture

L’Alto Adige non è solo montagna, natura, foliage, neve. C’è un fermento artistico intenso poco conosciuto che si estende di valle in valle. Luis Seiwald, proveniente da una formazione accademica, è oggi docente e uno degli artisti più apprezzati della zona.  

“Quando ero giovane sognavo di andare a vivere a Vienna, ma in realtà la città era troppo grande e caotica per me, quindi per una serie di casualità sono finito ad Urbino, dove ho frequentato l’Accademia”. Inizia così la carriera di Luis Seiwald, uno degli artisti più apprezzati, richiesti e poliedrici dell’Alto Adige. Nella sua formazione si è cimentato in decorazione, pittura, scultura, per poi interessarsi sempre più al contemporaneo e al tema dell’energia che lega tutti noi, dalla natura all’essere umano. Oggi il suo atelier si trova in Val Casies, dove lavora insieme alla moglie Barbara Seeber – anche lei artista e docente – occupandosi di numerosi progetti e non smettendo mai di studiare.

Ciò che caratterizza il lavoro e le ricerche di Seiwald è il legame con il territorio, che presenta una lunga storia e nasconde elementi di straordinaria rarità. “Questa valle, dove si trova anche la mia casa, è molto particolare perché è vasta e 2-300 anni fa era tutta palude. Inoltre ci troviamo in un punto speciale delle Dolomiti, in quanto proprio qui passa una frattura, la linea insubrica. Posso quindi dire di trovarmi in un centro energetico e storico di grande importanza”. L’atelier in cui Luis Seiwald lavora, aperto anche ai turisti che vogliano conoscerlo e sperimentare alcune attività con l’argilla previa prenotazione, si trova al piano terra della casa costruita anni fa dai suoi genitori, la prima in questa parte della valle e anche l’unica con un tetto non a punta, progettata da un architetto di Bolzano. Con il ritorno di Luis dalle Marche all’Alto Adige, anch’essa – che evidentemente già si prestava ad assecondare la sua creatività – è divenuta un’opera d’arte, visibile da centinaia di metri di distanza. “Quando sono rientrato da Urbino, con mio fratello abbiamo restaurato l’intero edificio, aggiungendo pannelli solari, vetri, riscaldamento pulito al 100%; ogni elemento nella casa è ovviamente home made, realizzato da noi, comignolo compreso. Nel 2005 abbiamo infatti vinto il Premio per la Sostenibilità”.

Il tema del rispetto dell’ambiente, del contatto con la natura e dell’eco-sostenibilità è molto caro a Seiwald, che cerca di trasmetterlo anche agli studenti dell’Istituto d’Arte in cui insegna. Sempre con loro fa esperienza delle numerose tecniche in cui si cimenta da anni: pittura, serigrafia, scultura, lavorazione dell’argilla, realizzazione di immensi disegni in campi di neve, speciali bottiglie di liquori contenenti una parla di argilla nera per trasmettere i benefici del suolo al liquido e migliorarne il gusto; un brand, quest’ultimo, intitolato Black Pearl e realizzato insieme all’azienda AlpenHigh Seppila. Il suo atelier è un tripudio di colori, sperimentazioni, opere di ogni genere – tra cui i tamburi musicali inventati dalla moglie e divenuti ormai oggetti da collezione –; un luogo magico in cui si forgiano i manufatti, si apprendono tecniche antiche e le si riporta alla luce dopo secoli, talvolta millenni.

“Mi piace lavorare con il colore, specie quello caldo e simbolico. Realizzo trittici, punti di luce e linee, ma ormai da anni il centro focale del mio interesse è l’energia, tanto che scrissi la tesi accademica proprio sul tema dell’energia nell’arte. Nel tempo ho utilizzato materiali come feltro, rame colorato – che ha sempre a che fare con l’energia – e soprattutto mi sono posto la domanda di che cosa sia un’opera d’arte. Per me un quadro non è nient’altro se non un contenitore di informazioni: non cambia se rappresenta un paesaggio o solo un taglio, o magari semplicemente colore; è il linguaggio che c’è in quel quadro o in quella scultura e il messaggio che trasmette a fare la differenza. Alla fine non è importante che cosa vedi, bensì cosa c’è dentro: quello che si può guardare è solo la superficie, ma al di là di essa esiste una forza, un campo energetico. Ogni opera d’arte ha il proprio campo energetico e io mi sono chiesto se ci fosse la possibilità di misurarlo”.

Foto di Ilaria Traditi

Impronte, simboli, occhi, elementi che rimandano ad altro: l’arte di Luis Seiwald convince i conterranei e non solo, tanto che è stato protagonista di numerose mostre in Alto Adige, in altre regioni d’Italia, in Austria e in alcuni Paesi del mondo. Nel 2011 si è dedicato a una serie di autoritratti di artisti famosi interpretati a suo modo, poi ha cambiato fase e si è concentrato nelle linee orizzontali che rappresentano paesaggi con diversi colori, per arrivare infine all’interesse per le galassie e il cosmo: “lavoro tanto con l’astrofisica, la fisica quantistica, l’astronomia, la scienza. Sono materie che mi interessano davvero molto”.


 

E ancora, nell’atelier di Seiwald è possibile trovare opere di incisione, serigrafia, xilografia o realizzate con il torchio che ha portato qui da Urbino. Alcune incisioni sono particolarmente difficili e rare, perché in esse convergono quattro tecniche diverse: acquaforte, acquatinta, la maniera allo zucchero, la punta secca; ognuna di queste opere viene realizzata in una stampa e poi ne escono 100 pezzi in tutto. È però la ceramica il fulcro nevralgico di tutto il suo lavoro odierno e il risultato del suo studio, perché essa trae origine da una speciale argilla della valle che possiede un colore blu-grigio. “Il bosco si erge sopra questa rarissima argilla, che a sua volta si trova all’incrocio della placca europea con quella africana. Il lavoro che devo svolgere è lungo e dettagliato, perché occorre andare a prendere l’argilla con le mani in zone poco conosciute della valle, poi togliere tutti i sassolini e la sabbia, far evaporare l’acqua e finalmente dopo una settimana rimane solo l’argilla liscia e pulita”. Per realizzare da essa un piatto ne serve circa un chilo, a fronte di almeno nove ore di lavoro; dopo la prima cottura il manufatto diventa rosso e a seguito della seconda nero.
Ciò che contraddistingue queste creazioni – che sono in realtà anche piatti, bicchieri, ciotole, utensili da utilizzare in cucina molto richiesti – è la qualità eccelsa dell’argilla da cui vengono forgiati. Secondo Seiwald, essa trasmette le sue proprietà benefiche ed energetiche millenarie alle bevande e ai cibi con cui viene a contatto, oppure alla pelle se la si usa come peeling.

La materia prima è fondamentale, ma anche le tecniche di lavorazione giocano un ruolo centrale. Io ho studiato a lungo quelle più rare e antiche in modo da riprodurle qui e non farle andare perse, come il raku, il procedimento giapponese che esalta le imperfezioni. Ci sono anche dei processi un po’ pericolosi, ad esempio quando svolgo la seconda cottura a gas all’aria aperta arrivando sino a 1000 gradi, poi apro subito il coperchio, prendo l’oggetto e lo metto in un barattolo con segatura che brucia, lo copro e il fumo che si forma dà origine alla ceramica nera”.
C’è anche la tecnica africana, che si caratterizza perché vengono aggiunti capelli di cavallo che si rapprendono sull’oggetto e danno origine a motivi ornamentali insoliti; oppure si possono inserire fili di rame, bucce di banana, piume, caffè, sale, chiusi in cinque o sei strati di alluminio e messi di nuovo in forno per una seconda cottura.

La tecnica della ceramica nera, soprattutto per vasi, tamburi e piatti, deriva dagli etruschi e testimonia l’interesse di Seiwald e di sua moglie per le arti provenienti dalle popolazioni antiche. È per questo che il prossimo anno si terrà una grande mostra sui mantra africani, tibetani, greci, arabi e di altri popoli, che vedrà protagonisti soprattutto i tamburi sonori. Alcuni di essi presenteranno poesie e frasi simboliche in varie lingue, oppure riprodurranno elementi simbolici come labirinti, fiori della vita, le prime geometrie ritrovate in Egitto.
Negli ultimi anni l’arte di Luis si è sempre più spostata verso il concetto dell’energia che governa il mondo, dando origine a un progetto originale, unico nel suo genere, costituito da centinaia di urne di bambù che vengono lasciate da lui o da altre persone nei luoghi più significativi del pianeta, “ricaricandosi” attraverso l’energia di quel punto specifico. Ad esempio, sono state portate a Parigi, nei campi di concentramento, nelle terre battute dai partigiani e in altre località simboliche in cui si presume che il livello energetico sia molto alto. “In questo modo sto realizzando la più grande opera d’arte invisibile mai pensata prima: una rete energetica che collega le varie zone del mondo e gli esseri umani alla terra, in un’ottica di responsabilità ambientale e di unione tra noi e la natura”.

 

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