La Fotografia svizzera del XIX secolo in mostra a Lugano
La mostra, fino al 3 luglio al LAC a Lugano, offre, con oltre 400 opere, un’ampia panoramica sui primi 50 anni della fotografia nella Confederazione Elvetica
Dal vero. Fotografia svizzera del XIX secolo
Se la fotografia fu proclamata invenzione francese nel 1839, tredici anni prima Joseph Nicéphore Niépce fu in grado di scattare la prima foto al mondo con una camera oscura. Riuscì non solo a riprendere un’immagine, ma anche a fissarla su un supporto fisico. Il risultato è la famosissima eliografia su lastra di stagno Vista dalla finestra a Le Gras.
La mostra documentaria Dal vero. Fotografia svizzera del XIX secolo, fino al 3 luglio nella sede del LAC a Lugano, offre, grazie a oltre 400 opere, un’ampia panoramica sui primi cinquant’anni della diffusione del mezzo fotografico nella Confederazione Elvetica.
Articolata in sette capitoli, i primi due sono dedicati allo sviluppo dello strumento di espressione completamente nuovo, gli altri affrontano l’influenza del turismo, gli approcci artistici nei confronti del metodo mai sfruttato prima e il suo impiego nella raffigurazione del progresso.
Molto interessante la prima sala, dove, protetti da bacheche di vetro, sono esposti diversi lavori realizzati con il dagherrotipo. Definito “specchio dotato di memoria”, era il procedimento fotografico di sviluppo delle immagini su lastra di rame, uniche e non riproducibili.
Risale al 1842 uno dei rari dagherrotipi conosciuti del Ticino, il ritratto di un giovane sconosciuto elegantemente vestito - esempio della borghesia in ascesa - realizzato a Lugano.
L’architettura delle città fu il primo soggetto della dagherrotipia: considerati i lunghi tempi di esposizione era più semplice fotografare oggetti statici.
Anche i ritratti ebbero un ruolo decisivo, essendo la principale fonte di reddito per coloro che si dedicavano alla fotografia. Per soddisfare una clientela esigente, che desiderava una raffigurazione più brillante, si cominciarono i ritocchi effettuati dai coloristi.
Spettacolari i dagherrotipi dello scrittore, pittore, storico dell’arte inglese John Ruskin, che realizzò, tra gli altri, il primo piano di una parete rocciosa nei pressi del Castelgrande di Bellinzona.
Col tempo le tecniche di produzione fotografica migliorarono e si semplificarono. Ecco le immagini di cascate e ghiacciai e nel decennio 1850-1860 le Api divennero un grande tema della foto di viaggio, accanto ai paesaggi di mare.
Poi le successive stampe di piccole dimensioni, accessibili anche al grande pubblico, divenute però anche strumento di controllo statale: esposti scatti di senzatetto e nomadi, foto segnaletiche che contribuirono alla stigmatizzazione di interi gruppi minoritari.
Dalle riproduzioni fotografiche ricche di dettagli di opere d’arte, che portarono un notevole contributo alla loro divulgazione, all’utilizzo dello strumento per documentare i progressi medico-scientifici. Esposte immagini di pazienti prima e dopo aver subito un intervento chirurgico.
Alla fine degli anni sessanta del XIX secolo la fotografia iniziò a documentare il progresso industriale: gli sviluppi tecnologici e urbanistici, le opere idrauliche e le costruzioni di linee ferroviarie e stradali; così per la costruzione della galleria del San Gottardo.
Dal vero. Fotografia svizzera del XIX secolo
Museo d’arte della Svizzera italiana - LAC - Piazza Bernardino Luini 6 – Lugano – Svizzera
3 aprile - 3 luglio 2022
Lunedì chiuso - Ingressi: intero CHF 20.–; ridotto CHF 16.–
www.masilugano.ch