Lusso e cucina gourmet sulle rive del lago di Como

Intervista al Direttore di Villa Serbelloni Jan Bucher e all’Executive Chef del ristorante Mistral Ettore Bocchia

di Chiara Giacobelli
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Culture

Affaritaliani.it ha visitato una realtà d’eccellenza sul lago di Como: tra lusso, enogastronomia, artigianato, cultura e turismo, abbiamo colto l’occasione per intervistare il proprietario e Direttore del Grand Hotel Villa Serbelloni Jan Bucher e l’Executive Chef Ettore Bocchia.

Sulle sponde del lago di Como sorge un borgo dai connotati che non esitereste a definire fiabeschi. Bellagio, comune con non molti abitanti ma un elevato numero di turisti, incanta innanzitutto per la sua posizione, che lo vede collocato proprio sulla ramificazione dello specchio d’acqua nei suoi bracci meridionali; le Alpi, visibili oltre il lago a nord, fungono da cornice di questo suggestivo dipinto. Bellagio è infatti impreziosito da piccole perle – a cominciare dalle note ville circostanti (Melzi, Balbianello, Carlotta, Monastero, nonché il borgo di Varenna) –, che lo rendono una meta estremamente attrattiva per visitatori provenienti da ogni dove. È proprio qui che sorge il Grand Hotel Villa Serbelloni. Unico 5 stelle lusso del territorio, è tra le poche dimore storiche adibite a struttura ricettiva che la località affacciata sul lago di Como può vantare. L’albergo, infatti, ha tagliato proprio nel 2023 il traguardo dei 150 anni di attività, essendo stato inaugurato nel 1873. I suoi punti di forza? La possibilità di “vivere una vacanza come piaceva alla nobiltà di un tempo: lontani dalla folla, immersi in uno dei panorami più belli al mondo”. Percorsi wellness, camere e suite dotate di ogni comfort, oltre al servizio di ristorazione affidato alle sapienti mani dell’Executive Chef Ettore Bocchia, rendono il soggiorno presso il Grand Hotel Villa Serbelloni un’esperienza che gli ospiti difficilmente dimenticheranno. Noi di Affaritaliani.it abbiamo colto l’occasione per scoprire i retroscena, la storia e le particolarità sia della struttura che dei ristoranti.

Intervista al proprietario e Direttore di Villa Serbelloni Jan Bucher

Direttore, il suo è un vero e proprio gioiello incastonato nel promontorio più celebre del lago di Como. Da dove parte questa lunga e affascinante storia?

“L’albergo nacque come dimora privata nel 1854, quando venne fatta costruire la parte più antica, quella centrale, dal conte Frizzoni per il compleanno di sua moglie. Rimase nelle loro mani per circa quindici anni, poi nella seconda metà dell’Ottocento fu venduto a una compagnia svizzera che nel giro di tre o quattro anni costruì l’ala sud e quella nord dello stabile, inaugurando nel 1873 il Grand Hotel Bellagio. Trattandosi di uno dei primi alberghi in Italia e in Europa 5 stelle lusso, era in grado di attrarre le più importanti famiglie del tempo. Potrei dire che proprio da lì ebbe inizio tutto il turismo legato al lago di Como, specialmente in questa zona”.


 

Ci svelerebbe qualche aneddoto o peculiarità della struttura?

“Credo sia importante sottolineare che tutto quanto i clienti ammirano oggi è originale dell’epoca o comunque ricalca quello stile. Un’impresa non semplice, dal momento che è ormai complicato trovare artigiani in grado di restaurare questo genere di arredamento, dagli affreschi alla mobilia. Una curiosità: la villa, realizzata in stile neoclassico, presenta parecchi richiami alla fenice, animale simbolo di forza, mentre gli affreschi, firmati da illustri artisti del tempo, sono decorati con foglie di oro vero”.

La sua famiglia è proprietaria del Grand Hotel Villa Serbelloni da ben quattro generazioni. Una lunga storia che continua ancora oggi con lei in qualità di Direttore Generale.

“Tutto ebbe inizio quando il mio bisnonno era il proprietario del Grand Hotel Palace a Milano. Una volta scoperto questo bellissimo luogo, venne a visitarlo e se ne innamorò: confrontandosi con il Direttore del tempo, iniziò a presentare offerte per acquistarlo; così, nel 1919 la mia famiglia inaugurò il nuovo Grand Hotel Bellagio, con l’accordo però che il precedente proprietario potesse rimanere a viverci fino alla sua morte, avvenuta niente meno che a 106 anni! Al principio, Grand Hotel e Villa Serbelloni erano due alberghi separati, sebbene della stessa proprietà; con la crisi del 1929 la mia famiglia andò incontro a problemi economici, come tutti, pertanto la villa venne venduta, ma il nome Serbelloni fu mantenuto e associato a quello dell’hotel. Io, come Direttore Generale, sono subentrato nel 2019, dando avvio a molti cambiamenti e innovazioni”.

Ci può fare qualche esempio?

“Ritengo fondamentale reinvestire sempre una parte del guadagno al fine di rinnovare, restaurare e modernizzare una struttura storica di tale staffa, che necessita di grande manutenzione, ma anche di provvedimenti per non risultare mai vecchia. Quest’anno, ad esempio, abbiamo inaugurato la Spa & Wellness Luce del Lago, che dopo ventiquattro anni necessitava di un restyling integrale. Abbiamo anche fatto dei lavori importanti su ben quaranta camere, sul bancone del bar e acquistato da nuovo il set dei piatti del ristorante. Sono inoltre molto sensibile al tema della sostenibilità, motivo per cui ho fatto impiantare un alto numero di pannelli solari e ho eliminato la plastica dove possibile. In generale, ogni anno in inverno ci occupiamo della conservazione della villa, nell’ottica di mantenere la storicità che ci caratterizza”.


 

Qual è il vostro pubblico prevalente?

“La clientela è rappresentata per circa il 50% da americani, mentre il 25% sono inglesi e poi europei, tra cui parecchi francesi. Riceviamo prenotazioni addirittura con otto mesi di anticipo, tanto che siamo già quasi pieni per il prossimo anno, quindi consigliamo a chi vuole soggiornare da noi e vivere la vacanza al meglio di muoversi per tempo, potendo così scegliere camera e servizi preferiti. Gli italiani non sono molti, soprattutto perché per loro il lago non è tra le principali destinazioni leisure, tuttavia vengono spesso a cena presso il nostro ristorante gourmet Mistral. Un’altra curiosità romantica che ci riguarda: capita spesso che arrivino sin qui anche da lontano per dichiararsi e fare la loro proposta di matrimonio, magari tornando poi a sposarsi da noi l’anno successivo”.

In chiusura facciamo un veloce affresco del Grand Hotel Villa Serbelloni.

“Innanzitutto ci troviamo in una delle location più belle del lago di Como, nel centro storico di Bellagio. Disponiamo di 94 camere tra cui diverse suite, a cui si aggiungono la Spa & Wellness, una piscina esterna e una spiaggia privata antistante la struttura. Moltissimi i servizi che offriamo per lo svago: dal viaggio in idrovolante agli sport acquatici, dalle esperienze gastronomiche agli speciali discovering tour, dedicati alla scoperta del borgo grazie a guide professionali. Imperdibile è poi il nordic walking, a cui si affiancano passeggiate nella natura di varia difficoltà e ovviamente la visita ai vicini Giardini di Villa Melzi. Insomma, non resta che scegliere come spendere al meglio il proprio tempo presso il Grand Hotel Villa Serbelloni”.

Il ristorante gourmet Mistral e il bistrot La Goletta del Grand Hotel Villa Serbelloni costituiscono le due principali proposte gastronomiche del 5 stelle deluxe. Non vi è pietanza servita ai clienti che prima non passi al vaglio di Ettore Bocchia, il quale proprio in questo 2024 ha tagliato il traguardo dei 25 anni come Executive Chef della struttura. Un ristorante fine dining, il Mistral, inaugurato nel 2004 e caratterizzato da ampi spazi, un’impareggiabile veduta sul lago, allietato da un elegante sottofondo musicale al piano suonato dal vivo. Arredi in legno antichi, tappeti persiani, lampadari di Murano e mise en place impeccabile, per un totale di quaranta posti a sedere, sono i punti di forza del locale.

Lo Chef, classe 1965, è originario della bassa parmense e si è distinto nel panorama culinario per aver creato ben sette tecniche inedite di lavorazione in cucina; due su tutte: la frittura negli zuccheri e il gelato refrigerato con l’azoto liquido. Innovazioni, le sue, che gli hanno consentito di ottenere la Stella Michelin nel 2004 e l’inserimento, l’anno seguente, tra le venti migliori cucine italiane da parte di Gambero Rosso. Definito il “padre” della cucina molecolare, tra le sue prelibatezze più celebri – incluse anche nel menù del Mistral – si annoverano: tagliatelle di seppia con le sue uova, piselli e salsa della domenica; tortellini di pavone con marò di fave, funghi e il suo ristretto; rombo selvatico cotto nello zucchero con spuma di patate, verdure al vapore, salsa ai porri. Qual è l’obiettivo che Chef Bocchia persegue ogni volta che si appresta ad affinare nuove tecniche? “Ogni novità deve ampliare, non distruggere, la tradizione gastronomica italiana”. Noi di Affaritaliani.it abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo e di farci raccontare retroscena e dettagli del suo percorso come Executive Chef di Villa Serbelloni.

Questo è il suo venticinquesimo anno presso il Ristorante Mistral. Ci descriverebbe l’esperienza?

“Dopo tanti anni che sono qui al Mistral e a La Goletta, posso dire che mi sento a casa. D’altronde, ho fatto la mia lunga gavetta decennale come secondo Chef. Con il padre dell’attuale Direttore Jan Bucher condividiamo la passione del vino e teniamo molto al fatto che i nostri ospiti mangino bene, in un’ottica sostenibile. Per questo, come primo aspetto, ci concentriamo sul prodotto, verificando che sia adatto al nostro ristorante e di prima qualità. Per una persona appassionata come me, avere la possibilità di comprare determinati prodotti come i pomodori del Vesuvio per la pizza o la mozzarella fatta in Trentino è il massimo a cui si può aspirare. Un lavoro, quello che svolgo qui a Villa Serbelloni, che mi consente di essere sempre a stretto contatto con le persone e quindi di evolvere quotidianamente”.


 

Alla materia prima, sembra di capire, lei attribuisce molta importanza.

“Certamente. La vera novità è sempre rappresentata dal prodotto. Nella mia cucina la tecnica riveste un ruolo importante, ma non c’è solo quello; anzi, se si vuole raggiungere alti livelli è fondamentale lavorare a stretto contatto con allevatori e produttori. Faccio un esempio pratico riallacciandomi alla famiglia Miéral, mio punto di riferimento per quanto concerne il pollame: questa azienda, che ho conosciuto tramite un collega, detiene dal 1936 il disciplinare della Poularde de Bresse, oltre a possedere diciotto allevamenti tra cui capponi, piccioni, quaglie e tanto altro. Tutta la mia polleria, dal giorno in cui li ho conosciuti, la acquisto da loro”.

Lei, però, ha anche improntato gran parte della sua carriera sul perfezionamento tecnico. Non a caso viene considerato il padre della cucina molecolare.

“A riguardo vi svelo un segreto: il vero processo creativo consiste nel fare piatti semplici, ma intellettualmente complessi. Il virtuosismo dei miei piatti, nel concreto, sta nel combinare quattro tipi di croccantezze differenti, quattro cotture diverse, con ad esempio quattro tipi di crostacei. In generale, gli Chef italiani hanno “ingentilito” la cucina tradizionale regionale attraverso delle tecniche: le sette che ho inventato io nell’ambito della cucina molecolare hanno sicuramente contribuito alla causa, essendo ancora studiate. Ne cito solo alcune: gelificazione degli amidi, lavorazione della lecitina di soia, cotture a bassa temperatura”.

Tecnica e qualità della materia prima si fondono perfettamente nel foie gras etico, uno dei suoi cavalli di battaglia.

“Sul foie gras, tra l’altro, ho dei retroscena interessanti da raccontare. Avendo qui a Villa Serbelloni una clientela per lo più americana, dieci anni fa si faceva molta fatica a proporre questa pietanza, dal momento che si era diffuso un movimento di stampo animalista a difesa delle oche. In Spagna ho avuto la fortuna di incontrare un signore che ha un terreno proprio sulla rotta migratoria delle oche e che le alimenta solo in maniera naturale, ma ottenendo ugualmente le condizioni adatte per produrre il foie gras, in questo caso del tutto etico. Gli ho fatto la corte per due anni e nonostante lui ne producesse solo 400 chili all’anno, ha acconsentito a farmene avere 50 in virtù della serietà e della competenza da me dimostrate. Quando poi gli ho detto che avrei preso anche le cosce d’oca e i petti, con i quali facciamo i bucatini all’amatriciana per la clientela musulmana, è arrivato a vendermene 80 chili, per poi passare addirittura a 200. Come già detto, tutto sta nel rapportarsi direttamente con chi produce il prodotto ed entrare in connessione: è ciò che fa la differenza”.

Photo Credit: Stefano Caffarri

Quali sono i suoi piatti preferiti? E quali le punte di diamante della sua cucina?

“I miei piatti preferiti sono quelli che si legano ai ricordi personali, perché sono perfetti proprio nel loro essere imperfetti. Può sembrare banale dirlo, ma mi piacciono di più i cappelletti che fa mia madre rispetto ai nostri: i suoi li riconoscerei in mezzo a mille altri.Tra le mie creazioni, invece, non ne sceglierei una nello specifico, tuttavia, come ho spiegato anche nel mio libro L’essenza dell’invisibile (Compagnia editoriale Alberti, 2018) l’elemento fondamentale per me in un piatto è riuscirne a trovare la parte invisibile, ovvero l’anima. Detto ciò, qui al Mistral abbiamo senza dubbio alcune punte di diamante, o meglio particolarità, come il già citato Poularde de Bresse, i ravioli di pavone, il caviale di altissima qualità, o ancora il vitello da latte svizzero con crosta di tartufo”.

Quanto sono importanti le relazioni umane all’interno di una squadra come la sua?

“È un aspetto che va curato con molta attenzione, pertanto lo studio che stiamo facendo in questo momento è legato proprio alla gestione del personale. È fondamentale che chi lavora insieme a me sappia trasmettere le informazioni veicolate dai miei piatti a tutta la clientela, sia quella più esperta sia i ragazzi di vent’anni, che ovviamente hanno un approccio differente. Un altro aspetto complesso del lavorare in un gruppo con trenta cuochi è il linguaggio. È per questo che non appena arrivano nuove reclute, la prima cosa che faccio è regalare loro un dizionario, perché più parole si conoscono e più si è grado di capire lo spirito della nostra cucina”.


 

Quali sono, secondo lei, le sfide che il suo lavoro le porrà negli anni a venire?

“Credo quella di soddisfare sempre di più i miei ospiti, che hanno esigenze particolari e sempre più limitazioni anche legate alle intolleranze. Alcuni Chef non lo apprezzano, mentre io mi diverto moltissimo quando devo sbizzarrirmi per accontentare il cliente “stravagante” e trovare il modo migliore per preparargli il piatto che desidera. La ricerca, poi, è di fondamentale importanza, specie quando si ha a che fare con le nuove generazioni, o al contrario con chi ha già talmente tanta esperienza da essere difficile da stupire. Insomma, il successo di un ristorante lo determinano la cucina, i camerieri, la sala, la presentazione del piatto, in un lavoro di squadra. Qui al Mistral e a La Goletta il principale obiettivo è quello di servire piatti perfetti; persino una pasta al burro, che potrebbe sembrare semplicissima ma non lo è, può venire ogni volta differente se non si è pienamente padroni della tecnica. D’altra parte, quando uno Chef può fare quel che vuole con il portafoglio del proprietario, il limite diventa sé stesso. Se ci sono queste condizioni, puoi davvero migliorarti ogni giorno”.