Maurizio Cucchi e La scatola onirica: tra sogno, memoria e identità

Intervista esclusiva a uno dei maggiori poeti italiani alla scoperta della sua ultima opera La scatola onirica. Un colloquio che svela i legami profondi tra parola e immagine nella sua poetica

Di Ernesto Vergani

foto Maurizio Cucchi

Culture

Maurizio Cucchi e La scatola onirica: tra sogno, memoria e identità. Intervista 

È disponibile da qualche giorno nelle librerie e in tutti gli store online La scatola onirica, il nuovo libro di Maurizio Cucchi (Milano, 1945), uno dei maggiori poeti italiani contemporanei, pubblicato nella collana Lo Specchio di Mondadori. Con questa sua attesa opera - la precedente raccolta  Sindrome del distacco e tregua, anch’essa pubblicata nello Specchio, risale al 2019 - Cucchi torna a esplorare i temi della memoria, del sogno e dell'identità, portando avanti la sua riflessione poetica su nuovi territori. Lo intervistiamo nella sua casa milanese di via Edmondo de Amicis.

Nel suo ultimo libro La scatola onirica, esplora Casa Cucchi come un luogo simbolico e onirico. Cosa rappresenta esattamente per lei questo spazio?

Un luogo reale, ed essendo un piccolo villaggio che porta il mio cognome, mi sono immaginato che lì potessero esserci stati miei avi. Ma, appunto, “immaginato”… E mi è piaciuto pensare a quel primo essere umano che andò a registrarsi con il suo cognome, che è arrivato fino a me. E soprattutto procedo nel segno, un po’ trasognato, delle mie possibili origini. 

Il tema del sogno è centrale nel libro, soprattutto nella sezione Macchina onirica. Come vede il rapporto tra sogno e realtà nella sua poesia?

Il sogno entra nel nostro esistere, quotidianamente, e scrivendo, spesso, ci apriamo a un senso dell’esserci che va oltre il dato reale del nostro vivere. Ci avviciniamo, dunque, a qualcosa che somiglia all’onirico. Nel mio nuovo libro, il protagonista se ne sente quasi posseduto, un po’ misteriosamente, e aderisce a questo stato di cose, di cui in parte - o molto - gli sfugge il senso.

Il suo lavoro sembra spingere verso una riflessione profonda sull’identità, arrivando fino a una “lingua primigenia”. Cosa l'ha ispirata ad affrontare questo “viaggio” linguistico e concettuale?

La parola è qualcosa di vivo e in continuo movimento nel tempo, e se cerchiamo di indagarne la vicenda, notiamo come molto spesso sia cangiante, mutando anche il proprio senso. Ed è bello spiarne o studiarne il cammino e il mutare. 

In La scatola onirica appare Sabatino, un personaggio ossessionato dall’etimologia. Può raccontarci di più su questa figura e sul suo ruolo nella raccolta?

Si tratta di una figura che era presente nei miei primissimi testi giovanili. Diciamo una sorta di alter ego immaginario. Qui è un personaggio mobile nel suo osservare il senso della parola, e capace di passare dallo sconforto a veloci riaperture anche attraverso un vitale humour. 

La tensione tra etica ed estetica emerge chiaramente nel libro, soprattutto nel confronto tra immagine e parola. Come si intrecciano questi due elementi nella sua poetica?

L’estetico non può prescindere da una dimensione etica che spesso ne costituisce un elemento importante di energia interna. La dimensione estetica è un modo di interpretare il mondo, il reale, il nostro esserci, e quindi di arricchirci nella lettura della complessità in cui siamo immersi.

Lei ha lavorato molto anche come traduttore e consulente letterario. Quanto influisce questa esperienza sul suo approccio alla poesia?

Sinceramente, credo siano esperienze indipendenti, ognuna delle quali ho praticato soprattutto ed essenzialmente per il mio amore per la letteratura, alla quale ho dedicato la mia vita, fin da ragazzo.

Il frammento è una struttura ricorrente nella sua opera. Cosa trova di particolarmente potente in questa forma espressiva?

Non amo le composizioni strettamente consequenziali. Mi piace non introdurre tempi,  situazioni, fasi di puro passaggio. Il frammento consente un’articolazione più asciutta ed essenziale del procedere. E poi, così, vengono a generarsi interni attriti tra un frammento e l’altro, creando più forte energia espressiva. Ben lungi, ovviamente, dal connettere elementi disparati in modo gratuito, ma connettendo elementi diversi ma che contengono qualcosa come un comune sottofondo. E anche qui non siamo lontani dal meccanismo onirico…

Nel libro affronta anche il “rischio afasico” e l’importanza della parola nell’arte. Pensa che oggi la poesia possa ancora rispondere a questa sfida?

La poesia è un’arte della parola, la maggiore arte della parola. E il degrado linguistico in cui oggi ci troviamo - basta sentire o leggere come in genere si parla e si scrive - per constatare l’impoverimento degli usuali registri linguistici. Se il poeta facesse anche solo un servizio alla lingua, avrebbe già compiuto un lavoro di civile utilità.

Ha citato ventidue grandi artisti in una delle sezioni del libro. Come ha selezionato queste opere e che tipo di riflessione sociale e filosofica ha voluto sviluppare attraverso di esse?

Devo essenzialmente a Flavio Caroli questo capitolo e alle immagini di artisti introdotte nel suo lavoro sull’arte. Per me è stato molto stimolante trarre da quelle immagini possibili aperture, in grado di muovermi alla scrittura di versi ispirati dalle opere d’arte, per quanto mi suggerivano, di emozione e pensiero.

Quali sono i prossimi territori inesplorati che desidera esplorare nella sua poetica? Sta già lavorando a nuovi progetti?

Per ora non ho progetti e neppure primi abbozzi di nuovi testi. Come sempre ho fatto, aspetto che il vivere mi insinui nuove proposte, nuove suggestioni, in vista di un possibile mio futuro poetico.

Chi è Maurizio Cucchi


Maurizio Cucchi ha esordito nel 1976 con Il disperso, a cui sono seguite numerose altre raccolte poetiche, sempre pubblicate nello Specchio, tra cui Le meraviglie dell'acqua, Donna del gioco, Poesia della fonte, L'ultimo viaggio di Glenn, Per un secondo o un secolo, Vite pulviscolari e Malaspina. Le sue opere sono state raccolte nel volume riassuntivo Poesie 1963-2015 (Oscar, 2016), a cui hanno fatto seguito i versi giovanili di Paradossalmente e con affanno (2017) e Sindrome del distacco e tregua (2019). Cucchi ha inoltre curato, insieme a Stefano Giovanardi, l'antologia Poeti italiani del Secondo Novecento (1996, riedita nel 2004) ed è autore di alcuni romanzi. Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti nella sua carriera, si annoverano il Premio Viareggio, il Montale e il Bagutta. 

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