Oltre ai numeri del Covid dare anche il numero di quanti hanno chiuso bottega

Fallimento storico e significativo: addio a La Balestra

Di Paolo Diodati
Culture
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Draghi al G-20: stiamo costruendo un nuovo modello di sviluppo. Sarà un genio anche perché sarà riuscito, almeno lui, a sapere da Speranza e suggeritori, quando finirà questa catena di vaccini sempre più vanescenti. Per questo ha portato, l'Impresentabile, a dare la notizia della previsione, dal palco con più risonanza globale. Abbiamo così sentito una vera novità mondiale: "Vaccinatevi e rivacciniamoci tutti. Anche quelle popolazioni che hanno il 3% di vaccinati. Perché c'è il sospetto che 'sto virus facci il girotondo...".

Di Battista pensa al terzo nipote per Grillo, per eliminare tutto il caos esistente: un nuovo partito, il suo!

E, intanto, continuano i fallimenti. Un doloroso e commosso saluto a La Balestra, storico simbolo dei Balestrieri, gloria e vanto di Gubbio e Sansepolcro, dal 1594.

Oltre al quotidiano bollettino su infettati, ricoverati e morti, si dovrebbe fornire il bollettino, se non giornaliero, almeno mensile, su quanti, vaccinati e non, ma in perfetta salute, hanno chiuso bottega: numero di afflitti da depressione conclamata e ormai cronica, perché senza lavoro e senza prospettive d'averlo, numero di ricoverati presso parenti (alloggio e vitto), numero di nuovi fruitori di mense per poveri (acqua, vino,  una cofana di spaghetti, 5 euro) e numero di morti di fame, con controllo serio, da parte di una commissione di incorruttibili, per non farli etichettare come morti a causa del covid.

Per chiudere bottega, intendo il non poter più svolgere la propria attività e quindi il non disporre più della fonte del proprio sostentamento. In breve, chiude bottega solo chi non gode di sostentamento pubblico. Quindi, quelli che chiudono bottega,  sono artigiani, parrucchieri, barbieri, pizzaioli, piadinari, crescionari, pizzicagnoli, ristoratori, negozianti, albergatori, per non parlare dell'ambiente artistico e dello spettacolo.

La piccola differenza tra i due gruppi (statali e non) è che, mentre gli statali sono rimasti a casa senza perdere lo stipendio e il posto, un numero ignoto dell'altro gruppo, ha perso soldi e lavoro, chiudendo, appunto, bottega.

La sopravvivenza garantita agli statali, almeno fino a quando non dovesse chiudere bottega anche lo Stato e il continuo pericolo di morire per i non statali: è questa, tradotta in realtà pratica indiscutibile, la famosa egemonia culturale della sinistra, ottenibile grazie alla pandemia, occasione decantata a parole e nel libro mal abortito dal mai sufficientemente offendibile Asino d'Oro 2020 (Speranza, fiore all'occhiello dell'acutissimo Draghi)?

Non faccio l'elenco tra i miei conoscenti di chi ha chiuso bottega, tra barbieri, pizzaioli, edicolanti (davvero tanti), gestori di chioschi e chioschetti, lavanderie, bar e dediti a tante altre attività che la fantasia dei disperati coraggiosi ha fatto escogitare per la loro sopravvivenza. 

Ricordo solo ciò che ho visto ieri a Sansepolcro, una delle cittadine che frequento nella mia zona (Pesaro-Ancona- Perugia-Arezzo).

L'Hotel Ristorante più famoso, più rappresentativo, anche per l'azzeccatissimo nome, La Balestra, con tipica cucina toscana, ma resa di classe, più gradevole e leggera, perché non contaminata dalla più rustica, pesante e vicinissima cucina umbra, il 27/8/21 ha definitivamente chiuso per fallimento! Povero Ingegnere Mario Tricca, proprietario davvero signorile e gentilissimo, vincitore del Palio della Balestra nel 1972! Pensate un po', in rete c'è l'albo d'oro dei vincitori del Palio, a partire dal 1594.

L'Hotel Ristorante La Balestra è stato frutto dell'intraprendenza di Vittorio Tricca, padre di Mario che, partendo da una trattoria ristorante chiamata già La Balestra, con grande fatica e sacrifici assieme ai suoi tre figli, è riuscito a costruire un gioiello che è stato anche motore di sviluppo in quella zona della Valtiberina. I vecchi della zona ricordano i tempi in cui a causa del gran numero di invitati a due pranzi di nozze in contemporanea, figurava il cartello                  "Ci dispiace, tutto esaurito".

Dal tutto esaurito dei bei tempi... a "tutte le riserve esaurite" di questi due ultimi anni.

Ho sospettato l'incredibile, inattesa, amara novità del fallimento, ricevendo come risposta alle chiamate telefoniche per prenotare il pranzo per me e mia moglie... numero non esistente... numero inesistente... . Quando, per verificare la fondatezza della mia paura, ho visto il locale in abbandono, col cartello affisso del fallimento, rivedendomi nelle numerosissime volte lì... a pranzo o a cena, dentro o fuori e ripensando al pranzo di nozze di una mia cognata che, pur essendo della vicina Anghiari, aveva preferito il gentiluomo Ingegner Mario, alla miriade di concorrenti della zona, solo per decenza non mi son messo a piangere immedesimandomi nella catastrofe vissuta dall'esemplare famiglia Tricca. 

Un minuscolo, significativo impero, mandato in frantumi da una congiuntura storica, si spera, irripetibile:  un massimo di difficoltà a gestire una situazione nuova che si aggravava di giorno in giorno e un massimo storico, probabilmente imbattibile, di incompetenti al governo, a cominciare dal gregge grillino!   

 Un ultimo particolare: tra i ricordi coloriti del fantasioso e originale Vittorio Tricca, c'è il suo disinteresse per la politica. Quasi un'allergia. Visto il suo grande successo locale, diversi lo spingevano, quindi, a darsi alla politica: "Io non faccio politica. Io lavoro." Questa la sua risposta decisa. E pensare che gente come lui, con idee per esperienze di successo vissute, avrebbe avuto qualche cosa di utile da dire. E non, come va ora di moda, "Per risolvere i problemi, fondo un nuovo partito!"

Visti i tempi attuali, che sia stato il suo disinteresse per la politica e il saggio e rispettabile atteggiamento verso la separazione dei ruoli, l'errore che ha condannato a morte la gloriosa e meritevole impresa di Vittorio e Mario Tricca?