Sanremo senza Jalisse? “Basta parlare di noi, ascoltate la nostra musica”

"I Jalisse non sono solo Fiumi di parole. Era una brutta canzone? Comunque la si pensi, sono passati 25 anni e abbiamo fatto molto altro"

di Sara Perinetto
Culture
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Jalisse fuori da Sanremo per il 25esimo anno di fila dopo la vittoria del 1997 con Fiumi di parole: perché? Lo abbiamo chiesto a loro

È impossibile parlare di Sanremo senza parlare dei Jalisse, quest'anno più che mai. Nella lista dei big selezionati per l'edizione 2022 svelata da Amadeus, lo storico duo composto da Alessandra Drusian e Fabio Ricci non compare.

L'ennesima delusione (la venticinquesima, per l'esattezza) che ormai i vincitori del Festival del 1997 hanno imparato a prendere con filosofia, senza però smettere di chiedersi il motivo di questo ostracismo. Ce lo siamo chiesti anche noi di affaritaliani.it e ne abbiamo parlato direttamente con i protagonisti, Alessandra e Fabio.

Dal 4 dicembre sui social è esploso il "caso Jalisse" e tante pagine inaspettatamente parlano di voi, come Sapore di Male o Padre Pio (non quello vero ma quello "from Pietrelcina"). Siete sorpresi di questo appoggio da parte delle generazioni più giovani che paradossalmente dovrebbero conoscervi meno?

F Tra i detrattori, molti ci etichettano come "passati", parte di un percorso vecchio, ma sappiamo di avere l’amore e la stima di molti giovani, ci sono anche delle pagine fan Facebook e Instagram nate spontaneamente. Quando Alessandra ha fatto Tale e quale show è stata sommerso dall’affetto di tanti: oltre a ritrovare il nostro pubblico del ‘97 anche molti giovani che ci hanno scoperto.

A Forse li abbiamo conquistati proprio perché non conoscono il nostro passato e vedono solo il nostro presente. 

A proposito del vostro passato, come ci siete arrivati a 25 anni di esclusione da Sanremo?

A Non riusciamo a capirlo. Non piacciono i nostri testi? La nostra musica? Non piacciamo noi? O forse abbiamo rotto talmente tanto le scatole nel ‘97 che ancora scontiamo questa condanna?

F Non lo sappiamo. All’inizio ci arrabbiavamo di più, non accettavamo quest’esclusione, poi però abbiamo continuato a fare musica e scelto di parlare attraverso la musica, con i nostri progetti con la Fondazione Moltalcini, nelle scuole, con la Fondazione Mike Bongiorno per i detenuti di San Vittore… Abbiamo risposto lavorando sul campo, con meno visibilità ma sempre con la musica. Noi amiamo e rispettiamo Sanremo perché siamo nati da lì, poi c’è stato l’Eurovision, quando ancora la Rai non lo considerava, dove siamo arrivati quarti. E allora perché questa cattiveria? Non lo sappiamo.

Qualcuno ipotizza un complotto. 

F Si è detto tanto, ne hanno scritto in tanti, c’è il libro di Gigi Vesigna, le interviste dei giurati presenti alla nostra votazione, e ancora c’è gente che dice che noi quel Festival non dovevamo vincerlo. Ma se c’erano i voti del pubblico dalla nostra parte… significa non accettare la democrazia del voto. La canzone è un successo popolare. Eppure per 25 anni non abbiamo avuto la visibilità per promuovere il centinaio di canzoni che abbiamo composto, che per un’etichetta indipendente è fondamentale. Non siamo solo Fiumi di parole.

E se, come lascia intuire il libro di Vesigna, avete davvero scardinato un sistema fondato su vincitori decisi a priori?

F Non l’abbiamo mai saputo. Quando Vesigna presentò questo libro presentandolo alla stampa nel 2010, io rimasi di stucco e gli chiesi perché non ce l’avesse detto prima, ma lui glissò, restò sul vago… insomma, non lo scoprimmo mai. Di certo ogni anno presentiamo le nostre canzoni al Festival e non vengono accettate.

E come funziona? Venite avvertiti prima se siete stati scelti oppure o no? 

A No, lo scopriamo dalla tv, dai giornali, come tutti.

F L’anno scorso, era il 18 dicembre, Amadeus annunciò i big in tv, mentre io e Alessandra eravamo sul divano di casa a guardare: tutti gli artisti chiamati erano già presenti in studio. Quindi avevamo già capito che noi saremmo rimasti fuori. 

E in 25 anni nessuno si è mai fatto vivo per spiegarvi il motivo di questo ostracismo?

F Nessuno. Siamo in attesa di sapere cosa sbagliamo, cosa non funziona. C’è chi dice che le major impongono i propri artisti, che ai grandi manager non piacciono i Jalisse, ogni cosa si può dire solo a metà, i giornalisti parlano fino a un certo punto... ma sono sempre ipotesi. Noi vogliamo certezze. Però ci piace l’idea di poter dare un esempio ai giovani, alle nostre figlie prima di tutto: ragazzi, non arrendetevi, soprattutto quando si parla di lavoro. La musica è un lavoro: la visibilità di Sanremo sarebbe stata utile, dietro di noi ci sono 15 famiglie che vivono di questo. 

Eppure proprio l’esclusione da Sanremo vi porta visibilità, tutti parlano dei Jalisse.

A Si parla dei Jalisse, ma noi vorremmo che si ascoltasse la musica dei Jalisse. 

F Anzi, dei Jalisse si parla anche troppo, è il momento di ascoltare. Noi non andiamo a Sanremo ma a Sanremo si parla dei Jalisse. Fedez e Michielin ci hanno citati con una cover nella serata duetti della scorsa edizione e sono stati eccezionali, ma altri ci trattano come il fantasma del Festival, pur esistendo noi in carne e ossa. Ci sono dei finti giornalisti che sparano a zero senza sapere di cosa parlano, gentaccia che si permette di fare illazioni e menzogne, quando basterebbe informarsi. Siamo qui, un marito e una moglie, un padre e una madre, e lavoriamo facendo musica, come qualsiasi altro artigiano. Non ci piace il motto: “Nel bene o nel male purché se ne parli”. Invece di dire cattiverie, sarebbe meglio non parlare e ascoltare la nostra musica. Fiumi di parole era brutta? Comunque la si pensi, sono passati 25 anni, abbiamo fatto molto altro. 

A Anche nel ’97, dopo la vittoria, la prima cosa che ci chiedevano i giornalisti era se fossimo una coppia anche nella vita: si parlava di tutto tranne che di lavoro e di musica, e oggi siamo ancora lì. Ma grazie ai social riusciamo a farci conoscerci meglio, siamo cambiati anche noi: all’epoca eravamo giovani, ora siamo più aperti, più esperti.

Parliamo di questo: chi sono i Jalisse oggi?

A Soldati che combattono in prima linea, senza armi ma con sorrisi. Stiamo lavorando a un nuovo album, ne abbiamo pubblicato un altro l’anno scorso con una canzone dedicata ai nostri nonni che abbiamo perso per il Covid, e di cui anche Mattarella ci ha scritto per averne una copia. Promuoviamo anche il docufilm L’incanto e la delizia per cui ci siamo occupati della colonna sonora col brano Non aver paura di chiamarlo amore. E speriamo di tornare presto sui palchi perché le vere emozione dal pubblico si sentono solo con i live: se deve esserci una ripartenza, che sia per tutti, non solo per pochi.

F E ripartire dalle emozioni in questo periodo di confusione, difficoltà e cattiverie, anche dovuto all’emergenza Covid, è la strada giusta, riscoprire i veri valori… cose di cui per altro parliamo nel brano che abbiamo candidato a Sanremo (potete leggere il testo cliccando qui, ndr), dal titolo È proprio questo quello che ci manca.

Visto che siamo tornati sull’argomento, ve lo chiedo: per chi tiferete a Sanremo?

A Si può dire? Per la Rettore, che è veneta come me, una donna tosta, come anche la Zanicchi, due artiste straordinarie.