Scalfari demolito da Calvino: "fascista, incompetente, buffone"

Eugenio Scalfari
Culture
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Scalfari "vittima" delle lettere minatorie di Calvino     

Fanatico fascista, arrivista, incompetente, ignorante, buffone”. Queste le principali accuse, contenute nelle sprezzanti lettere, che Italo Calvino aveva mosso, a partire dagli anni ’40, all’ex compagno di liceo e storico fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, la cui figura, dopo la recente morte, è stata oggetto di commenti differenti e divisivi, che ne hanno fatto emergere luci ed ombre.

Come riportato da Libero Quotidiano, risaliva al 1942 una lettera in cui Calvino, chirurgico nei suoi ammonimenti nei confronti di Scalfari, scriveva: “stai diventando un fanatico, ragazzo mio, stai attento. Ti stai esaltando di queste idee, tanto da montarti la testa. Curati. Distraiti.” Nello stesso anno, tra l’altro, Scalfari diventava caporedattore del giornale Roma fascista, consolidando così quella fanatica adesione al regime tanto contestata da Calvino.

Non è però finita qui. Con i primi pezzi scritti da Scalfari in ambito economico, veniva offerto un ulteriore pretesto per il suo “rivale” Calvino, che non aveva perso occasione per screditarlo in una delle sue missive. “Adesso ti metti a scrivere di economia, argomenti ai quali sono legati avvenire, benessere, prosperità di popolazioni. Questa più che faccia tosta mi sembra impudenza”; con queste invettive Calvino accusava Scalfari di totale incompetenza in materia economica.

Sempre seguendo Libero Quotidiano, leggiamo: “il giornale fa pietà, è un vero sconcio che si lasci pubblicare tanta roba idiota e inutile”. Con queste parole Calvino spostava le sue critiche a Scalfari, dai contenuti allo stile di scrittura, ritenuto ampolloso, e ai concetti, “raffazzonati qua e là”, in mancanza di un pensiero proprio.

Nel 1943 avveniva l’espulsione di Scalfari dalla redazione di Roma fascista, a causa di una serie di fonti non firmate, sulle quali Scalfari aveva basato le accuse nei confronti di gerarchi fascisti. Negligenza, questa, che Calvino aveva contribuito a rendere nota, riportandola in una delle sue sprezzanti lettere.