2023 anno dell'Intelligenza artificiale: rivoluzione o apocalisse del lavoro?

L’AI creerà un società dove il divario tra super ricchi e poveri sarà estremo? La redistribuzione della ricchezza sarà sempre più un miraggio

di Antonio Amorosi
Intelligenza Artificiale
Economia

Tra boom di investimenti e rischi sociali: il ruolo dell'IA nel 2023 e negli anni a venire

 

Se per la BBC il 2023 verrà ricordato per la tendenza dei mercati ad investire su robot umanoidi, farmaci dimagranti, auto elettriche, per l’editore britannico è stata l’Intelligenza artificiale a segnare l’anno, diventando strumento mainstream.

Dare alle masse, ai governi e alle imprese l’AI è come aver aperto il vaso di Pandora per l’umanità, vedremo cosa ne uscirà. Oramai sta diventando uno strumento essenziale per tante professione e imporrà nel 2024 e negli anni a venire uno sviluppo alle nostre società da rivoluzione industriale. Tante le controindicazioni e i pericoli insiti nella nuova tecnologia, dal controllo in tempo reale delle vite individuali alla vulnerabilità dei lavori per i quali è richiesta una specializzazione e una qualifica anche complessa, con relativa messa in discussione di milioni di posti lavoro, sostituiti con l’AI.

Secondo gli analisti di mercato della PitchBook, in tutto il mondo, le società di venture capital hanno versato nel 2023 21,4 miliardi di dollari (17,5 miliardi di sterline) in start-up di Intelligenza artificiale generativa e questo solo fino alla fine di settembre. L’AI interviene già ogni giorno nella vita di tutti, senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Regola la nostra vita e la comunicazione sui social e in rete, bannando ciò che è considerato non conferme ai desideri dei programmatori, lo stesso accade per i motori di ricerca che segnano la vita collettiva on line e non solo, suggerisce gli acquisti da fare in internet, genera e trasforma testi, video, audio e contenuti di varia natura, gli smartphone stessi sono dotati di assistenza virtuale, realizza ogni genere di mansione settorializzata, dalla domotica delle case alla guida delle auto.

L’Intelligenza artificiale generativa nel terzo trimestre sta raggiungendo per gli investitori valutazioni altissime, alimentate dalle scommesse delle società big tech come Amazon, che ad esempio ha investito 4 miliardi di dollari in Anthropic a settembre, start up americana di intelligenza artificiale fondata da ex membri di OpenAI. Anthropic sviluppa sistemi generali di intelligenza artificiale e modelli linguistici di grandi dimensioni. Una delle ultime simbiosi che sono seguite a quelle di Nvidia, e la Serie B di Inflection da 1,3 miliardi di dollari guidata da Microsoft.

L’Intelligenza artificiale è la nuova frontiera e i colossi big tech non ne possono restare fuori. Questo mese Alphabet, il proprietario di Google, ha rivelato Gemini, un'Intelligenza artificiale che sarà integrata nei prodotti Google, inclusi il suo chatbot e il motore di ricerca. Microsoft invece ha sborsato 10 miliardi già a febbraio per entrare in ChatGpt e nelle stessa direzione hanno investito investito Meta e Apple.

Secondo gli analisti italiani di ‘Osservatori Digital Innovation’ il mercato dell’Intelligenza artificiale in Italia è cresciuto del +27% nel 2021, raggiungendo quota 380 milioni di euro, un valore raddoppiato in appena due anni, per il 76% commissionato da imprese italiane (290 milioni di euro), per il restante 24% come export di progetti (90 milioni di euro).

Ma molti Stati stanno ragionando su limitazioni all'uso dell'AI in specifici settori. Amazon, Elon Musk e altri grossi colossi hanno introdotto nella catene di montaggio robot umanoidi funzionanti con l’AI e il tema resta caldo. Con l'introduzione e la perdita dei posti di lavoro di massa gli Stati che faranno? Interverranno con sussidi diffusi o universali?

La storia ci insegna che l'innovazione tecnologica, pur distruggendo alcune occupazioni, ne genera di nuove, seppur diverse nelle competenze richieste. Dall'automazione degli anni '70, che ha colpito i lavoratori manuali, alle rivoluzioni digitali, ogni tappa ha portato alla nascita e alla fine di certi mestieri. Ma, con l'Intelligenza artificiale, assistiamo a un fenomeno diverso: l'erosione della classe media e una distribuzione della ricchezza sempre più diseguale. La crescita smisurata di alcune fortune si contrappone all'impoverimento di masse estese di popolazione. Accade perché le imprese tendono a massimizzare i profitti e a non riconoscere una produttività maggiore dei lavoratori qualificati all’uso dell’AI, più produttiva.

Il pericolo è duplice: l'automazione con l’AI potrebbe non solo dequalificare molti lavori, ma anche ridurre il loro valore economico. Il vero nodo della questione quindi è come le imprese utilizzano l'AI e come interagiranno con loro masse estese di popolazione. Probabilmente le imprese tenderanno a incrementare la produttività e i profitti, senza una giusta redistribuzione dei benefici economici tra i lavoratori. L'effetto collaterale potrebbe essere un'ulteriore precarizzazione del lavoro, con l'IA che riduce il tempo necessario per svolgere certe attività e le aziende che optano per impieghi a tempo, pagati al minimo, piuttosto che per l'impiego stabile e un redistribuzione più consistente.

 

 

 

 

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