Assegno unico a rischio? Ecco che cosa dice l'Europa

Il beneficio economico potrebbe essere a rischio per la mancata conformità sui requisiti di residenza imposti dall’Unione Europea

di Redazione
Economia

L'assegno unico è a rischio a causa della procedura d'infrazione contro l'Italia da parte dell'Ue

Il parere motivato della Commissione UE mette l’Assegno Unico a rischio. Il 15 febbraio 2023 la Commissione Europea aveva deciso di avviare una procedura d'infrazione contro l’Italia inviando una lettera di costituzione in mora per il mancato rispetto delle norme UE sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione. Il problema, di fatto, è il requisito della residenza nel territorio italiano necessario per accedere all’Assegno unico universale per i figli. Questo è ciò che ci contestano da Bruxelles.

L'assegno unico è a rischio?

La Commissione Europea a novembre 2023 ha emesso un parere motivato nei confronti dell’Italia in merito al rispetto delle norme dell’UE sulla sicurezza sociale e la libera circolazione dei lavoratori.

Questo parere si concentra sul requisito di residenza necessario per il riconoscimento dell’Assegno unico universale per i figli, che richiede un periodo di residenza di almeno 2 anni in Italia per beneficiare della prestazione, se i figli vivono nello stesso nucleo familiare.

Secondo la Commissione, la specifica regolamentazione prevista per la residenza in Italia necessaria per l’Assegno unico universale per i figli costituisce una violazione del diritto dell’UE. Ciò in quanto implica una discriminazione verso i cittadini dell’Unione Europea.

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L'ultimatum da Bruxelles

L’Italia è tenuta ad adeguare le regole per l’Assegno unico universale per i figli entro due mesi dal ricevimento del parere motivato, ossia entro gennaio 2024. Se entro questo periodo non saranno adottate misure adeguate, la Commissione potrebbe decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea.

Alla lettera di costituzione in mora che aveva ricevuto a febbraio 2023  per il mancato rispetto delle norme UE citate, l’Italia ha risposto nel giugno 2023. La Commissione, però, ha ritenuto che la risposta non affrontasse in modo soddisfacente i suoi rilievi e ha deciso di inviare un parere motivato. L’Italia dispone di 2 mesi per rispondere e adottare le misure necessarie, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di rivolgersi alla Corte di giustizia dell’UE. Con l’avvio della procedura di infrazione a febbraio 2023 e l’arrivo del parere motivato a novembre 2023, l’Italia rischia l’arrivo di pensanti sanzioni.

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