Auto, in 2 anni raddoppiano le ore Cig. Fiom prova a dare la sveglia a Draghi
Le tute blu della Cgil lanciano "Safety Car", una campagna di assemblee territoriali per l'individuazione di un percorso unitario di mobilitazione nazionale
La crisi generale del settore automotive
Gianetti Ruote, Gkn, Timken, Speedline. Senza contare la telenovela Blutech a Termini imprese. Casi aziendali a cui si sono aggiunte, per ultime, quella della Caterpillar di Jesi e della Bosch di Bari. Mentre all’orizzonte lo spettro dei tagli inizia ad aleggiare anche sugli stabilimenti italiani della Magneti Marelli.
Sono gli epifenomeni di una crisi del settore dell’automotive (163 mila lavoratori in Italia) che nel 2021 nel nostro Paese ha visto un calo drastico della produzione del 9,4%, rosso che si è accompagnato a una diminuzione delle immatricolazioni di circa il 24%. Mentre parallelamente è esploso il ricorso alla cassa integrazione: dall'elaborazione di dati Inps, infatti, emerge che, fra ordinaria e straordinaria, a novembre 2021 le ore di Cig sono state quasi 60 milioni, un numero più che doppio rispetto alle oltre 26 milioni di solo due anni prima, nel 2019.
L’allarme è stato lanciato dalla Fiom-Cgil che ha appena lanciato una campagna di assemblee territoriali, dal titolo “Safety Car”, per l'individuazione di un percorso unitario di mobilitazione nazionale, facendo finire sul bancone degli imputati in primis il governo Draghi, reo, secondo il sindacato delle tute blu di Corso d’Italia capitanato da Francesca Re David, di condotta miope sulla crisi delle settore delle quattroruote, portando avanti le discussioni su tavoli di confronto separati (componentistica auto da quello Stellantis) e senza procedere con l’elaborazione di “un piano straordinario per l'automotive”, come invece emergenza richiederebbe.
Le ragioni della crisi da cardiopalma dell'auto sono note: oltre alla pandemia, al costo delle materie prime e alla strozzature lungo la catena di fornitura di componenti strategici come i microchip, incombe la complessa transizione tecnologica e ambientale regolamentata ora dall’Europa che metterà presto fuori gioco i veicoli con propulsione endotermica. Con tutte le conseguenze del caso sull’industria. Alla base dei singoli casi di crisi aziendali esplosi con lo sblocco dei licenziamenti, c’è anche la situazione complessa che incombe sugli stabilimenti della casa italo-francese guidata da Carlos Tavares. Fabbriche colpite da un sostanziale calo dei volumi produttivi.
Michele De Palma e Simone Marinelli, rispettivamente segretario nazionale e responsabile automotive della Fiom-Cgil, hanno infatti ricordato che “a fronte di una capacità istallata di un milione e mezzo di veicoli, attualmente nel nostro Paese se ne producono solo 700 mila”. “Nel Polo Torinese i volumi delle Maserati e della 500 Bev - hanno denunciato i due sindacalisti - non bastano a saturare gli stabilimenti e a garantire la stabilità occupazionale. Nello stabilimento di Cassino i volumi delle Alfa non raggiungono la piena occupazione e non basterà il lancio del nuovo modello Grecale della Maserati”.
(Segue: il punto sugli stabilmenti Stellantis in Italia)
“Per Pomigliano e Nola - hanno aggiunto poi - oltre alle garanzie per la della produzione della Panda (veicolo più venduto in Europa) per raggiungere la piena occupazione occorrerà verificare i volumi produttivi del Tonale. Il costante calo del mercato diesel impone di affrontare la transizione verso nuove produzioni per gli stabilimenti di Pratola Serra e Cento. A Termoli, dove si producono motori e cambi a benzina, la tenuta occupazionale si dovrà verificare con il consolidamento dei volumi del nuovo motore GSE 1.0 e con l’installazione della gigafactory ancora non confermata”.
Infine, “negli stabilimenti Sevel e di Melfi, che partivano da una condizione produttiva positiva, assistiamo ad una drastica riduzione dei volumi, rispettivamente, del Ducato e delle Jeep Renegade e Compass nonostante gli investimenti per le linee elettriche”. Insomma, quanto basta per partire con la mobilitazione generale.