Ex Ilva, Baku in pole. Chi è il colosso azero che usa il gas per "prendersi" Taranto

Baku Steel Company, Jindal International e Bedrok, i tre gruppi - provenienti nell'ordine da Azerbaigian, India e Stati Uniti - che puntano ad acquisire tutta Acciaierie d'Italia

di Rosa Nasti
Ex Ilva Taranto
Economia

Ex Ilva nelle mani di Baku, il colosso siderurgico azero che offre 500 milioni

La privatizzazione dell’ex Ilva, ora Acciaierie d'Italia in amministrazione straordinaria, è arrivata al giro di boa. In un'intervista ad Affaritaliani.it, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, smorza le attese e annuncia una possibile decisione sulla cessione già entro la prossima settimana. In pole position c’è Baku Steel Company, il colosso siderurgico azero supportato dal fondo statale Azerbaijan Investment Company, pronto a mettere sul piatto 500 milioni di euro per rilevare ciò che resta del disastro industriale di Taranto.

La cifra è ben lontana dagli 1,8 miliardi che ArcelorMittal offrì nel 2018 ma il governo sembra ormai pronto ad accettare, anche se il futuro dell’acciaieria italiana, un tempo pilastro della manifattura europea, potrebbe finire sotto il controllo di un’azienda che produce sei volte meno rispetto all’Ilva dei tempi d’oro. Baku Steel Company, Jindal International e Bedrok, i tre gruppi - provenienti nell'ordine da Azerbaigian, India e Stati Uniti - che puntano ad acquisire tutta Acciaierie d'Italia messa sul mercato a fine luglio con un bando internazionale dai commissari del Mimit, Fiori, Quaranta e Tabarelli. 

L’offerta di Baku Steel batte nettamente quella dell’indiana Jindal (ferma a 200 milioni), ma il vero punto di forza della proposta azera è la promessa di contenere gli esuberi. Si parla di 2.000 tagli contro i 3.000 previsti da Jindal. Baku, però, ha anche a suo favore il gas: l’Azerbaigian è uno dei principali fornitori europei di metano e controlla il gasdotto TAP, che porta energia in Italia attraverso la Puglia. C'è poi il legame con Mosca. Baku ha un accordo di interscambio con la Russia per rivendere il gas all’Europa. La mossa di acquisire l’ex Ilva potrebbe quindi essere un’operazione industriale di facciata, mentre dietro si cela un disegno energetico molto più ampio.

Jindal, dal canto suo, propone un piano industriale più solido e orientato alla decarbonizzazione, con l’utilizzo del preridotto per abbattere le emissioni di CO2. Tuttavia, l’offerta economica e i tagli occupazionali più drastici rendono il gruppo indiano meno appetibile agli occhi di governo e commissari. Gli americani di Bedrock, invece, sembrano ormai fuori dai giochi.

Ma chi sono gli azeri di Baku Steel? Il gruppo è il più grande produttore di acciaio dell’Azerbaigian e uno dei principali dell’area del Caucaso. Nato nel 2011, ha sede a Baku e si è imposto nel mercato regionale grazie alla produzione di billette, tondo per cemento armato, vergella e tubi senza saldatura. Opera con un forno elettrico ad arco, installato nel 2012-2013, con una capacità produttiva di circa 800mila tonnellate di acciaio all’anno, un volume molto inferiore rispetto ai numeri storici di Ilva.

Nel 2022 i suoi ricavi sono stati di circa 218,3 milioni di euro, segno che si tratta di un player di medio calibro nel panorama globale. Dietro Baku Steel c’è però un alleato potente: l’Azerbaijan Investment Company (AIC), un fondo sovrano interamente controllato dallo Stato azero, nato per diversificare l’economia nazionale al di fuori del petrolio e che ha già investito quasi 200 milioni di dollari in circa 22 progetti. La domanda resta però: cosa ci guadagna davvero l’Azerbaigian nel prendersi un colosso in rovina? Forse la risposta non è nell’acciaio, ma nel gas e nella geopolitica.

LEGGI QUI TUTTE LE NEWS DI ECONOMIA

Tags: