Banche, bruciati 30 mld di capitalizzazione: cosa succede ora con le fusioni?

Il conflitto Russia-Ucraina e la crisi energetica scombinano i piani degli istituti di credito

di Marco Scotti
Economia
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Il nodo delle fusioni

 

Dal 15 febbraio a oggi le quattro principali banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm e Bper) hanno perso complessivamente oltre 32 miliardi di capitalizzazione. È il dato più evidente di come le tensioni crescenti in materia energetica e, a stretto giro, il conflitto tra Russia e Ucraina abbiano zavorrato soprattutto il comparto degli istituti di credito. La domanda è: che cosa succederà ora? Le operazioni che si pensava si sarebbero concretizzate – da Unicredit-Banco Bpm a Mps, passando per Bper-Pop Sondrio – sono ancora attuali? O la flessione del Ftse Mib e la scarsa capitalizzazione attuale delle banche costringe a rimandare a momenti migliori le fusioni? Voci autorevoli contattate da Affaritaliani.it sono convinte: al momento, è tutto fermo. Ma vale la pena fare un riassunto delle puntate precedenti.

Le trattative tra Unicredit e Mps sembravano ormai arrivate a un traguardo. Ma, come fanno notare alcuni analisti, forse la conclusione era assai meno scontata di come l’avessero dipinta i media. Ad esempio, perché non c’era mai stato un incontro tra Mario Draghi e Andrea Orcel, i due “capi azienda”, per un definitivo via libera. All’epoca nessuno ci aveva fatto caso, ma era chiaro che il premier in quelle settimane fosse interessato soprattutto alla corsa al Quirinale e che non avesse bisogno di ulteriore visibilità su un dossier molto difficile come quello di Rocca Salimbeni. Poi la trattativa è definitivamente tramontata, anche se su questo torneremo dopo.

L’11 febbraio scorso un articolo siglato da Osvaldo De Paolini sul Messaggero, svelava la volontà di Unicredit di andare alla conquista di Banco Bpm. Un piano che Orcel aveva iniziato a covare (come avevamo anticipato qui) già a ottobre, con la possibile estensione dei Dta da parte del Tesoro. La “soffiata” del Messaggero, però, aveva congelato i piani dell’amministratore delegato di Unicredit: la voce di opa aveva fatto schizzare il titolo del Banco. La domanda è: chi aveva parlato? Secondo fonti accreditate, potrebbe essere stato qualcuno vicino al Mef che non poteva non sapere di una possibilità così importante. E in Via XX Settembre potrebbero aver pensato che fosse meglio fare deragliare le trattative per evitare di dover trovare un nuovo compratore per Mps.

Proprio il matrimonio tra Siena e Unicredit potrebbe tornare di attualità, perché la crisi geopolitica ed economica potrebbe convincere l’Unione Europea a dare più tempo all’Italia per sbrogliare la matassa della Rocca. Il tutto sta nel capire quali potrebbero essere le condizioni migliori. Quello che è certo, però, è che con queste capitalizzazioni nessuno potrebbe muoversi nell’immediato. Unicredit vale poco più di 20 miliardi, davvero vorrebbe assorbire in questo momento il Banco, che ne vale 4? Tra l’altro, proprio Piazza Gae Aulenti al momento ha problemi ben più urgenti visto che in Russia l’esposizione verso la clientela è di 4,5 miliardi. L’istituto guidato da Giuseppe Castagna, invece, potrebbe anche guardare con interesse a un’unione con Crédit Agricole, oltretutto con rapporti di forza differenti da quelli con Unicredit. Ma, come detto, ora qualsiasi discorso è congelato. La stagione delle opa tornerà di sicuro, anche perché la necessità di una maggiore, ulteriore concentrazione delle banche rimane importante. Ma non sarà certo nelle prossime settimane.

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