Boom di anziani sul lavoro, ecco perché ne abbiamo ancora bisogno

Bassa fertilità e invecchiamento sono le tendenze demografiche dell'ultimo decennio, sempre più anziani scelgono di non andare in pensione

di Redazione Economia
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Più anziani ma meno nascite, ecco perchè si sono sempre più lavoratori senior

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una trasformazione demografica senza precedenti. Con il miglioramento delle condizioni di vita e l'accesso a cure mediche sempre più avanzate, la speranza di vita è aumentata costantemente, ma il tasso di natalità è diminuito in modo vertiginoso. Un fenomeno comune in tutto il mondo, ma sta generando importanti conseguenze su tutti i fronti, da quello politico, sociale ed economico, mettendo in discussione i paradigmi su cui sono costruite le società moderne.

Come riportato da Forbes, che rilancia uno studio del Pew Research Center, una delle principali sfide è rappresentata dal fatto che un numero sempre maggiore di persone sta invecchiando, mentre la popolazione giovane è in diminuzione. In molte società, il sostegno economico e sociale agli anziani dipende in larga misura dalla partecipazione dei giovani al mercato del lavoro, contribuendo così a sostenere i costi associati alla previdenza sociale e alla salute. Tuttavia, con una popolazione più anziana e una forza lavoro in declino, questo modello diventa insostenibile.

Negli Stati Uniti, ad esempio, la generazione X (1965 – 1980) si sta avvicinando all'età pensionabile, mentre i baby boomer (1946 – 1964) stanno già iniziando a pensionarsi in massa. Nonostante ciò, sempre più anziani scelgono di rimanere attivi professionalmente, con un significativo aumento della partecipazione al mercato del lavoro nella fascia di età superiore ai 65 anni. Il trend è particolarmente evidente in Giappone, il paese con la popolazione più anziana al mondo, dove il 29,1% della popolazione ha 65 anni o più e un individuo su dieci ha superato gli 80 anni. Anche in Europa, l'invecchiamento della forza lavoro è una tendenza in crescita, con l'Italia che registra un aumento significativo dei lavoratori di età compresa tra i 50 e i 64 anni.

Tuttavia, sorge spontanea la domanda su come l'invecchiamento demografico influenzi la qualità del lavoro e le prestazioni aziendali. Alcuni imprenditori temono che i lavoratori anziani possano essere meno adattabili e meno capaci di gestire carichi di lavoro e mansioni nuove. Tuttavia, diverse ricerche suggeriscono che l'esperienza e le competenze acquisite nel tempo possono compensare eventuali declini nella rapidità cognitiva, mantenendo elevate le prestazioni lavorative.

La percezione del declino mentale legato all'età può essere in parte un mito: studi condotti dalla British Medical Association suggeriscono che la maggior parte delle persone intorno ai 60 anni compensa eventuali lievi deterioramenti delle capacità cognitive con esperienza e saggezza acquisite nel tempo. In effetti, in molte professioni, gli anziani mostrano livelli di soddisfazione lavorativa più elevati rispetto ai lavoratori più giovani.

Questa tendenza ha spinto molte aziende a sviluppare politiche mirate per la terza età, offrendo programmi di pensionamento graduale e flessibile, con l'obiettivo di trattenere e valorizzare il talento anziano. Inoltre, alcune imprese stanno sperimentando l'automazione e l'intelligenza artificiale per migliorare l'efficienza e compensare la diminuzione della forza lavoro giovane.

Tuttavia, nonostante questi sforzi, resta il fatto che l'invecchiamento demografico rappresenta una sfida strutturale per le società sviluppate. Una soluzione potenziale potrebbe essere l'immigrazione controllata, che potrebbe fornire un flusso costante di giovani lavoratori per sostenere le economie invecchiate. Tuttavia, le questioni politiche e sociali legate all'immigrazione rimangono complesse e divisive, con un impatto significativo sulle decisioni dei governi.

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