Borse, venerdì nero per le big tech. Piazza Affari peggiore in Europa: pesa il rischio recessione Usa

Male gli istituti di credito. A pesare anche le incertezze derivanti dal Medio Oriente

di Redazione
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Borsa, venerdi' nero tra timori recessione e crollo tech, Milano -2,6% in chiusura

Il rischio recessione si abbatte di colpo sull’economia statunitense, mandando nel panico i mercati azionari su entrambe le sponde dell’Atlantico. La debolezza dei posti di lavoro e la disoccupazione Usa sopra le stime, infatti, danno spazio alla Fed per intervenire in maniera decisa sui tassi in autunno – per alcuni addirittura con tre tagli entro la fine dell’anno – riducendo di colpo le stime dei ricavi delle banche. Ma, soprattutto, la frenata degli Stati Uniti fa saltare lo scenario di “soft landing”, fin qui sempre ipotizzato dagli osservatori, mettendo gli investitori davanti alla (dura) realtà di un peggioramento del ciclo economico.

E c’è chi pensa già che la Federal Reserve sia in ritardo sulla politica monetaria, visto che solo pochi giorni fa ha lasciato inalterato il costo del denaro. Tutto questo si è tradotto in un vero e proprio “venerdì nero” per le Borse europee, bersagliate dalle vendite con passivi finali in alcuni casi sopra il 2%. Va ko soprattutto il settore tecnologico, dopo il tracollo (-27%) di Intel a Wall Street a causa dei conti deludenti.

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A Piazza Affari, l’indice Ftse Mib a fine seduta è il peggiore del Vecchio Continente, e cede il 2,55%, ai minimi da febbraio. La retromarcia del petrolio (Wti vicino a -4%) manda a fondo Saipem (-5,4%). Con un rosso del 5,8% St invece tocca i minimi dal novembre 2020. Pioggia di vendite poi sulle banche, da UniCredit (-5,1%) a Intesa Sanpaolo (-4,4%). Si salvano solo alcuni titoli difensivi, come Snam (+2,2%) e le utility.

Sul fronte dei cambi, l’euro si impenna a 1,0919 dollari, al top da metà luglio (da 1,0780 in chiusura alla vigilia) e scambia a 159,96 yen (162,91 ieri). Il cross tra la divisa nipponica e il biglietto verde è a 149,49 (150,1). Tra tensioni in Medio Oriente e dubbi sulla domanda di energia, finisce al tappeto anche il petrolio: il Brent di ottobre a 77,2 dollari al barile (-2,9%), il Wti di settembre a 73,8 dollari (-3,2 per cento).